La Corte costituzionale si pronuncia sulla riforma Fornero: per la tutela dell’art. 18 non serve che l’insussistenza del fatto sia “manifesta” (Corte costituzionale, sent. 19 maggio – 25 maggio 2022, n. 125)

La Corte costituzionale nella sentenza n. 125 è intervenuta sulla legge Fornero (n. 92 del 2012) in materia di disciplina dei licenziamenti, affermando che ai fini della tutela dell’articolo 18, nel testo modificato dalla riforma, il giudice non è tenuto ad accertare che l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento economico sia “manifesta” (settimo comma, secondo periodo). L’incostituzionalità ha colpito la sola parola “manifesta”, che precede l’espressione “insussistenza del fatto” posta a base del licenziamento per ragioni economiche, produttive e organizzative. A
questo bisogna “ricondurre ciò che attiene all’effettività e alla genuinità della scelta imprenditoriale”. Su questi aspetti il giudice è chiamato a svolgere una valutazione di mera legittimità che non può “sconfinare in un sindacato di congruità e di opportunità” (sentenza n. 59 del 2021). La Corte ha affermato che il requisito della manifesta insussistenza è indeterminato e si presta ad incertezze applicative, con conseguenti disparità di trattamento. Il criterio della manifesta insussistenza “risulta eccentrico nell’apparato dei rimedi, usualmente incentrato sulla diversa gravità dei vizi e non su una contingenza accidentale, legata alla linearità e alla celerità
dell’accertamento”. Nelle controversie in materia di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo si è in presenza di un quadro probatorio articolato: oltre ad accertare la sussistenza o insussistenza di un fatto – che è già di per sé un’operazione complessa – le parti, e con esse il giudice, si devono impegnare “nell’ulteriore verifica della più o meno marcata graduazione dell’eventuale insussistenza”. Vi è, dunque, un “aggravio irragionevole e sproporzionato” sull’andamento del processo: all’indeterminatezza del requisito si affianca una irragionevole complicazione sul fronte processuale. La Corte ha dunque individuato uno squilibrio tra i fini che il legislatore si era prefisso – consistenti in una più equa distribuzione delle tutele, attraverso decisioni più rapide e più facilmente prevedibili – e i mezzi adottati per raggiungerli.

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