La Corte costituzionale si pronuncia sul favoreggiamento all’immigrazione (Corte costituzionale, sent. 10 marzo 2022, n. 63)

La Corte costituzionale, dichiarando fondata una questione sollevata dal Tribunale di Bologna, ha affermato che è manifestamente sproporzionata la pena da cinque a quindici anni di reclusione, (prevista dal Testo unico sull’immigrazione) per chi abbia aiutato qualcuno a entrare illegalmente
nel territorio italiano utilizzando un aereo di linea e documenti falsi. Le elevate pene, stabilite per le ipotesi aggravate di favoreggiamento dell’immigrazione, si possono ragionevolmente spiegare solo in chiave di contrasto al traffico internazionale di migranti, gestito da organizzazioni criminali che ricavano da questa attività ingenti profitti, ma sono evidentemente sproporzionate rispetto a situazioni diverse, nelle quali non risulta alcun coinvolgimento in tali organizzazioni. In modo particolare, il Tribunale di Bologna doveva giudicare una donna nigeriana accusata di
aver fatto entrare in Italia su un aereo di linea la figlia e la nipote, rispettivamente di tredici e otto anni, utilizzando documenti che ne attestavano falsamente la nazionalità senegalese. La Corte ha rilevato che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione – punito nella forma base
con la reclusione da uno a cinque anni – è funzionale al controllo dei flussi migratori e, quindi, alla tutela di interessi pubblici di grande rilievo, come gli equilibri del mercato del lavoro, le risorse limitate del sistema di sicurezza sociale, l’ordine e la sicurezza pubblica. Le ipotesi aggravate, per le quali sono previste pene più severe, sono invece a tutela – oltre che del
controllo dei flussi migratori – degli interessi del migrante, che in queste ipotesi è la “vittima” del reato. Si pensi ai casi in cui lo straniero trasportato rischia la propria vita o incolumità, ad esempio in imbarcazioni di fortuna, o è sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, come quando viene
nascosto in celle frigorifere destinate al trasporto di merci. Un caso come quello giudicato dal Tribunale di Bologna è, però, molto lontano da questi reati e non può ragionevolmente giustificare una pena stabilita, nel minimo, in cinque anni di reclusione. Da un lato, chi utilizza un mezzo di trasporto internazionale, come un aereo di linea, deve necessariamente sottoporsi a tutti gli ordinari controlli di frontiera, che rendono più facile
identificare gli stranieri privi di autorizzazione all’ingresso nel territorio italiano. Dall’altro, è vero che usare un documento falso significa aver commesso un reato per procurarselo, ma i reati di falsità documentale sono ordinariamente puniti, nell’ordinamento italiano, con pene di gran lunga
inferiori a quella prevista per il favoreggiamento aggravato. La Corte ha concluso che in assenza di altre circostanze aggravanti, fatti come quello giudicato dal Tribunale dovranno essere puniti con la più contenuta pena della reclusione da uno a cinque anni prevista dal primo comma dell’articolo 12 del Testo unico, in concorso con quella prevista per il reato di utilizzazione di documenti falsi.

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