La Corte Costituzionale si pronuncia sull’ammissibilità del referendum sulle droghe (Corte Costituzionale, sent. 2 marzo 2022, n. 51)

La Corte costituzionale con la sentenza in esame ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sull’“abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope”, a causa del contrasto con la costante giurisprudenza sull’articolo 75 della Costituzione, perché si pone in contrasto con le Convenzioni internazionali e la disciplina europea in materia, difetta di chiarezza e coerenza intrinseca ed è, infine, inidoneo allo scopo. La Corte ha rilevato che l’eliminazione della parola “coltiva” dal primo comma dell’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti – oggetto della prima parte del quesito referendario – farebbe venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti e ciò sebbene la richiesta referendaria, secondo le intenzioni dei promotori dichiarate in giudizio, mirasse a depenalizzare le
sole condotte di coltivazione “domestica” e “rudimentale” delle piante di cannabis. La richiesta referendaria avrebbe condotto quindi alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni di Vienna e di New York e con la Decisione Quadro 2004/757/GAI. La Corte ha, inoltre, osservato che il risultato perseguito dalla richiesta referendaria neppure sarebbe stato raggiunto, in quanto sarebbero rimaste nell’ordinamento altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti (articoli 26 e 28 del Testo unico sugli stupefacenti). Ciò rendeva, in questa parte, il quesito “fuorviante” per l’elettore. Con riferimento alla seconda parte del quesito, la Corte ha evidenziato un profilo di manifesta contraddittorietà, perché l’abrogazione della pena detentiva per le condotte aventi ad oggetto le sole droghe leggere avrebbe determinato una stridente antinomia con il trattamento sanzionatorio di analoghi fatti, ma di «lieve entità». Per questi ultimi, infatti, sarebbe rimasta
comunque in vigore la pena congiunta della reclusione e della multa; ciò avrebbe finito per porre l’elettore di fronte a una scelta illogica e contraddittoria.

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