La Corte Costituzionale sui detenuti che non collaborano con la giustizia (Corte Costituzionale, sent. 25 gennaio – 26 gennaio 2022, n. 20)

Nella sentenza in esame la Corte costituzionale ritiene corretto distinguere «la posizione di chi “oggettivamente può, ma soggettivamente non vuole” (silente per sua scelta) collaborare con la giustizia, da quella di chi “soggettivamente vuole, ma oggettivamente non può̀” (silente suo malgrado)». La Corte esclude dunque che questa differenziazione di trattamento determini una lesione del principio di uguaglianza e perciò̀ dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Padova. A sostegno della sua richiesta, il giudice sottolineava che l’atteggiamento soggettivo dei due gruppi di detenuti potrebbe essere identico, poiché́ anche chi si vede accertata la collaborazione impossibile non solo potrebbe non voler collaborare (se lo potesse fare), ma potrebbe rivelare, addirittura, una maggiore pericolosità̀
rispetto a colui che abbia volontariamente scelto di serbare il silenzio, mosso ad esempio da timori per la propria e l’altrui incolumità. La Corte costituzionale, nel dichiarare non fondate le censure, ha tuttavia osservato che il carattere volontario della scelta di non collaborare costituisce un oggettivo sintomo di allarme, tale da esigere un regime rafforzato di verifica, esteso all’acquisizione anche di elementi idonei ad escludere il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità̀ organizzata, senza i quali la decisione sull’istanza di concessione del permesso premio si arresta già̀ sulla soglia dell’ammissibilità. Quando, invece, la collaborazione non potrebbe comunque essere prestata, ai fini del superamento del regime ostativo può̀ essere verificata la sola mancanza di collegamenti attuali con la criminalità̀ organizzata. La Corte conclude che questa differenziazione non appare irragionevole. Tanto è stato sufficiente per rigettare la questione, «senza dimenticare – aggiunge la sentenza – che la previsione delle ipotesi di collaborazione impossibile o inesigibile scaturisce da ripetute pronunce di questa Corte (sentenze n. 68 del 1995, n. 357 del 1994 e n. 306 del 1993), tese – nella vigenza di un regime basato, senza eccezioni, sulla presunzione assoluta di pericolosità̀ del non collaborante – a distinguere, con disposizioni di minor rigore, la posizione del detenuto cui la mancata collaborazione non fosse oggettivamente imputabile».

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