Il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo per gli stranieri non è irragionevole per accedere al RdC (Corte costituzionale, sent. 25 gennaio – 26 gennaio 2022, n. 19)

Nella sentenza n. 19 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni sollevate da Tribunale di Bergamo, sezione lavoro, sulla disciplina del reddito di cittadinanza, che, fra i diversi requisiti necessari per ottenere questa provvidenza, richiede agli stranieri il «possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo» (articolo 2, primo comma, lettera a, n. 1 del decreto- legge 4/2019). In particolare, la Corte ha affermato che il reddito di cittadinanza non è una semplice misura di contrasto alla povertà ma persegue diversi e più̀ articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale.
Poiché il suo orizzonte temporale non è di breve periodo, la titolarità del diritto di soggiornare stabilmente in Italia non è un requisito privo di collegamento con la ragion d’essere del beneficio previsto. Il reddito di cittadinanza non si risolve in una mera provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario dell’individuo, ma presenta un contenuto più̀ complesso di misura di politica attiva del lavoro, che comprende un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. A questa sua prevalente connotazione si collegano la
temporaneità della prestazione e il suo carattere condizionale, cioè la necessità che si accompagni a precisi impegni dei destinatari. In questo contesto la Corte ha ricordato che resta compito della Repubblica, in attuazione dei principi costituzionali stabiliti negli articoli 2, 3 e 38, primo comma, della Costituzione, garantire, apprestando le necessarie misure, il diritto di ogni individuo alla sopravvivenza dignitosa e al minimo vitale, ma che tuttavia nemmeno il rilievo costituzionale di tale compito legittima la Corte stessa a “convertire” verso questo obiettivo una misura cui il legislatore assegna finalità diverse. La Corte ha pertanto ritenuto che, considerati la durata del beneficio (18 mesi, con possibilità di rinnovo) e il risultato perseguito (l’inclusione sociale e lavorativa), non irragionevolmente il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia destinato la misura agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato.

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