In tema di responsabilità medica, la Cassazione afferma che non si può stabilire l’esclusiva responsabilità della struttura ospedaliera, con il conseguente obbligo in capo a quest’ultima di risarcire per intero i danni riportati dalla vittima, senza tenere distinte le ipotesi in cui un tempestivo intervento avrebbe evitato il danno subito dalla vittima oppure lo avrebbe semplicemente ridotto. Il giudizio di fatto deve avere un termine esclusivo (neutralizzazione o riduzione delle conseguenze della patologia pregressa) e deve collegarvi il conforme effetto giuridico.

L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il giudice supremo di uno Stato membro constati, a seguito di un’impugnazione nell’interesse della legge, l’illegittimità di una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata alla Corte da un giudice di grado inferiore ai sensi di tale disposizione, per il motivo che le questioni poste non sono rilevanti e necessarie ai fini della soluzione del procedimento principale, senza tuttavia pregiudicare gli effetti giuridici della decisione contenente tale domanda. Il principio del primato del diritto dell’Unione impone a detto giudice di grado inferiore di disapplicare siffatta decisione del giudice supremo nazionale. L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un procedimento disciplinare sia avviato contro un giudice nazionale per il fatto che quest’ultimo ha presentato alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi di tale disposizione. L’articolo 5 della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che impone agli Stati membri di adottare misure concrete atte a garantire che la qualità dell’interpretazione fornita e delle traduzioni effettuate sia sufficiente affinché l’indagato o l’imputato comprenda l’accusa formulata a suo carico e tale interpretazione possa essere oggetto di controllo da parte dei giudici nazionali. L’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2010/64, l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, letti alla luce dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che ostano a che una persona sia giudicata in contumacia quando, a causa di un’interpretazione inadeguata, non è stata informata, in una lingua ad essa comprensibile, dell’accusa a suo carico, o quando è impossibile accertare la qualità dell’interpretazione fornita e quindi stabilire che tale persona sia stata informata, in una lingua ad essa comprensibile, dell’accusa a suo carico.

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