Con la sentenza n. 231 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato la infondatezza delle censure formulate dal Tribunale per i minorenni di Brescia agli articoli 4, co. 1, e 6, co. 1, del d.lgs. n. 121 del 2018 in relazione al ritenuto automatismo nel subordinare l’accesso alle misure penali di comunità (quali l’affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare) dei condannati minorenni a condizioni analoghe a quelle previste per gli adulti. Di conseguenza sarebbe impedita una valutazione individualizzata e caso per caso dell’idoneità della misura a conseguire le preminenti finalità di risocializzazione cui è preordinata l’esecuzione penale minorile. Invero, la Corte costituzionale non ha ritenuto sussistente alcun automatismo nella disciplina impugnata, sottolineando la relativa compatibilità con i principi costituzionali di protezione dell’infanzia e della gioventù e di finalizzazione rieducativa della pena, tale da realizzare una ragionevole ponderazione degli interessi coinvolti da parte del legislatore. In particolare, la Corte ha rilevato che la disciplina delle misure di comunità per i minorenni si discosta da quella prevista dall’ordinamento penitenziario per gli adulti ampliandone perfino le possibilità di applicazione.
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