La Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità, tra gli altri, dell’art. 11 della legge della Regione Veneto n. 23 del 2020 che consentiva ai proprietari o ai gestori di dighe precedentemente “non denunciate” o “realizzate in difformità dai progetti approvati” di regolarizzarle. Tale “sanatoria” contrasta, infatti, con la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema riservata alla competenza del legislatore statale che la consente solo nei limitati casi previsti dal Codice dei beni culturali. In particolare, la Corte richiamando il suo stesso orientamento secondo cui «l’autorizzazione paesaggistica […], deve essere annoverata tra gli “istituti di protezione ambientale uniformi”» (sentt. nn. 238 del 2013 e 101 del 2010), ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 11 della legge veneta, in quanto, derogando alla normativa statale in materia di regolarizzazione delle opere sotto il profilo paesistico, invade la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» e ne pregiudica l’uniformità su tutto il territorio nazionale.
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