Nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 35, comma 8, del TULPS (modificato nel 2010), la Corte costituzionale ha ribadito la legittimità dell’inasprimento delle sanzioni precedentemente previste per la violazione degli obblighi posti a carico degli “armaioli” e, nella specie, quello di tenere un registro delle operazioni giornaliere e conservarlo per cinquant’anni. Tale inasprimento era conseguito all’emanazione da parte del Governo di numerosi decreti legislativi – adottati in virtù della legge delega n. 88/2009 – a fini di recepimento e attuazione di numerose Direttive europee. Secondo il giudice rimettente – il Tribunale di Savona, Sez. Penale – la normativa censurata violerebbe, per eccesso di delega (articolo 76 della Costituzione), i principi e i criteri direttivi dettati dalla legge n. 88 del 2009, in quanto sarebbe consentito al Governo introdurre nuove ipotesi criminose, ma non anche aggravare le sanzioni penali relative ai reati già esistenti. La Corte costituzionale ha, invece, ritenuto che non era precluso al legislatore delegato, nell’ambito dei criteri di cui all’art. 36, comma 1, lettera n), della legge n. 88 del 2009, rivedere anche l’impianto sanzionatorio delle fattispecie incriminatrici rientranti nell’oggetto della delega. In particolare, con la disposizione censurata il legislatore delegato, nel dare attuazione alla direttiva 2008/51/CE ha proceduto alla riformulazione dell’art. 35 TULPS, ampliando l’area penalmente rilevante con la contestuale estensione dei soggetti attivi del reato (ricondotti alla nozione unitaria di armaiolo) e la previsione di obblighi aggiuntivi a carico dei medesimi, ed ha aggravato – proprio al fine di assicurare l’osservanza di tali obblighi – il precedente trattamento sanzionatorio mediante l’individuazione di una sanzione ritenuta più efficace, proporzionata e dissuasiva, nel rispetto in ogni caso dei limiti di pena di cui alla citata lettera n). Dunque, con la sentenza de qua, la Corte ha escluso che il Governo abbia travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge di delegazione, essendosi invece mantenuto entro il perimetro sancito dal legittimo esercizio delle valutazioni che gli competono nella fase di attuazione della delega, «nel rispetto della ratio di quest’ultima e in coerenza con esigenze sistematiche proprie della materia penale» (sentenza n. 127 del 2017). Dal che discende la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Savona, dell’art. 3, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 204 del 2010, nella parte in cui modifica l’art. 35, comma 8, TULPS.
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