La Corte di Giustizia si pronuncia in tema di divieto di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile di convinzioni politiche, filosofiche o religiose (CGUE, Grande Sezione, Sentenza 15 luglio 2021, C-804/18 e C-341/19)

L’articolo 1 e l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che una norma interna di un’impresa, che vieta ai lavoratori di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile di convinzioni politiche, filosofiche o religiose non costituisce, nei confronti dei lavoratori che seguono determinate regole di abbigliamento in applicazione di precetti religiosi, una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, ai sensi di detta direttiva, ove tale norma sia applicata in maniera generale e indiscriminata. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che una differenza di trattamento indirettamente fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, derivante da una norma interna di un’impresa che vieta ai lavoratori di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile di convinzioni politiche, filosofiche o religiose, può essere giustificata dalla volontà del datore di lavoro di perseguire una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei confronti dei clienti o degli utenti, a condizione che, in primo luogo, tale politica risponda ad un’esigenza reale di detto datore di lavoro, circostanza che spetta a quest’ultimo dimostrare prendendo in considerazione segnatamente le aspettative legittime di detti clienti o utenti nonché le conseguenze sfavorevoli che egli subirebbe in assenza di una tale politica, tenuto conto della natura delle sue attività o del contesto in cui queste ultime si iscrivono; in secondo luogo, che detta differenza di trattamento sia idonea ad assicurare la corretta applicazione di tale politica di neutralità, il che presuppone che tale politica sia perseguita in modo coerente e sistematico e, in terzo luogo, che detto divieto si limiti allo stretto necessario tenuto conto della portata e della gravità effettive delle conseguenze sfavorevoli che il datore di lavoro intende evitare mediante un divieto siffatto. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), i), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che una discriminazione indiretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali derivante da una norma interna di un’impresa che vieta, sul luogo di lavoro, di indossare segni visibili di convinzioni politiche, filosofiche o religiose allo scopo di assicurare una
politica di neutralità all’interno di tale impresa può essere giustificata solo se detto divieto riguardi qualsiasi forma visibile di espressione delle convinzioni politiche, filosofiche o religiose. Un divieto che si limiti all’uso di segni di convinzioni politiche, filosofiche o religiose vistosi e di grandi
dimensioni è tale da costituire una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, che non può in ogni caso essere giustificata sulla base di tale medesima disposizione. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che le
disposizioni nazionali che tutelano la libertà di religione possono essere prese in considerazione come disposizioni più favorevoli, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva, nell’ambito dell’esame del carattere appropriato di una differenza di trattamento indirettamente fondata sulla religione o sulle convinzioni personali.

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