In merito all’accertamento della colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza, essa deve essere valutata secondo i normali criteri d’individuazione dell’elemento psicologico del reato, poiché l’art. 92 cod. pen., nel disciplinarne l’imputabilità, nulla dice in ordine alla sua colpevolezza, che va, pertanto, apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod. pen. L’elemento soggettivo deve essere verificato con riferimento al momento della commissione del fatto e non con riferimento a quello della procurata ubriachezza, posto che gli artt. 91, 92, 94 e 95 cod. pen. si limitano a disciplinare i limiti della compatibilità dell’ubriachezza con l’imputabilità, senza, tuttavia, introdurre alcuna deroga rispetto alla regola generale di cui all’art. 42 cod. pen., che esige la sussistenza del dolo o della colpa al momento della commissione del fatto e non in un lasso temporale anteriore». In ordine al problema contenutistico dell’elemento soggettivo del reato commesso dall’ubriaco deve aderirsi all’impostazione già seguita dalla giurisprudenza di legittimità che, proprio in considerazione dell’effettiva riduzione della capacità di intendere e volere procurata dall’ubriachezza, ammette una verifica del dolo in termini semplificati. Pertanto, per ritenere sussistente il dolo diretto in capo a persona ubriaca, non è richiesto che sia stata effettuata un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto. Tale conclusione è, del resto, l’unica compatibile con l’art. 92 cod. pen., che impone che il giudice indaghi e valuti l’ideazione e la volizione dell’ubriaco, nonostante la perturbazione psichica e la riduzione del senso critico determinate dall’alcool. In definitiva, il dolo specifico non può ritenersi incompatibile con lo stato di ubriachezza, che ne consente, al contrario, una verifica semplificata, con la conseguenza che, nella fattispecie di cui all’art. 336 cod. pen. (rilevante nel caso di specie sottoposto al vaglio della Corte), occorrerà accertare che l’ubriaco, sebbene non lucidamente, abbia volontariamente orientato la sua condotta verso la specifica finalità di costringere il pubblico ufficiale a compiere l’atto contrario ai propri doveri o ad omettere l’atto dell’ufficio.
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