La Corte Costituzionale si pronuncia sul termine di impugnazione del riconoscimento del figlio: illegittima la decorrenza del termine annuale dal momento dell’annotazione dell’atto invece che dalla scoperta di non essere il padre biologico (Corte cost., sent. 12 maggio-25 giugno 2021, n. 133)

Con sentenza n. 133 del 2021, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall’art. 28, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), nella parte in cui non prevede che, per l’autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l’azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità. In particolare, la Corte ha ravvisato un’irragionevole disparità di trattamento tra chi può provare la propria impotenza e chi, pur non essendo affetto da tale patologia, abbia ugualmente scoperto la non veridicità della paternità biologica dopo un anno dall’annotazione del riconoscimento (nel caso di specie, la paternità biologica veniva smentita dall’esito degli esami ematici ai quali l’autore del riconoscimento si era sottoposto a seguito di comunicazione da parte della madre del minore di aver avuto, all’epoca del concepimento, una relazione con una terza persona). Quest’ultimo si vedrebbe inibito l’accesso a un giudizio nel quale l’interesse alla verità biologica deve essere sempre bilanciato in concreto dal giudice con l’interesse del figlio. Inoltre, la Corte
ha ritenuto parimenti irragionevole che la norma censurata rendesse più difficile al padre non coniugato sottrarsi alla decadenza del termine annuale per l’impugnazione del riconoscimento, rispetto a quanto consentito al padre coniugato dall’articolo 244 del codice civile, relativamente alla decadenza del termine annuale per l’azione di disconoscimento della paternità. Non fondata, infine, è stata ritenuta la questione di legittimità costituzionale sollevata – in riferimento all’art. 117, co. 3, Cost., relativamente all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – sullo stesso articolo 263, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che l’azione di impugnazione del riconoscimento debba essere proposta nel termine di cinque anni dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. La Corte ha, infatti, valutato che il decorso di un tempo così lungo radichi il legame familiare e, dunque, che la prevalenza dell’interesse alla stabilità dello stato di figlio realizzi un bilanciamento non sproporzionato fra gli interessi in conflitto.

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