Il lavoratore centralinista non vedente ha diritto a percepire l’indennità rivendicata per il solo fatto di appartenere alla categoria dei lavoratori non vedenti a prescindere dall’effettivo svolgimento dell’attività di centralinista, rilevando che la diversa mansione espletata è stata resa, in ogni caso, in presenza della medesima menomazione (Cass. Civ., sez. lavoro, sent. 11 marzo – 8 giugno 2021, n. 15962)

Il lavoratore non vedente già assunto ai sensi della L. n. 397 del 1971 o della L. n. 113 del 1985 e che sia poi adibito a mansioni diverse, non perde il diritto a percepire l’indennità di cui della predetta L. n. 113 del 1985, art. 9, se le mansioni di destinazione possano considerarsi equipollenti, sotto il
profilo delle condizioni di menomazione e dei disagi lavorativi connessi alla specifica disabilità, in quanto l’adozione di tali misure, è del tutto coerente con la declinazione costituzionale del principio di uguaglianza, che impone allo Stato (art. 3 Cost., comma 2) di adottare anche interventi di tipo “positivo”, in ossequio altresì al principio fondamentale solidaristico (art. 2 Cost.).

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