Legittimità dei Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati per fronteggiare l’epidemia da Covid-19 con particolare riferimento alle misure previste per le attività di ristorazione (Consiglio di Stato, sez. I, parere 28 aprile 2021 – 13 maggio 2021, n. 850)

In relazione al ricorso con il quale sono stati impugnati dd.P.C.M. in primo luogo in quanto tali, sul piano della legittimità costituzionale, nel sistema delle fonti e, in secondo luogo, e con riguardo alla specifica misura prevista dall’art. 1, comma 9, lettera ee) di divieto di svolgere attività di ristorazione tra le ore 18,00 e le ore 5,00, sotto il profilo della violazione grave e inammissibile del fondamentale diritto al lavoro sancito dalla Costituzione, nonché per eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, oltre che per sproporzione e irragionevolezza, il Collegio chiarisce che la questione fondamentale che viene posta investe la conformità al nostro sistema ordinamentale dell’introduzione di tale, per certi versi innovativa, tipologia di atti, adottati sulla base di una reiterata decretazione d’urgenza, essa stessa investita, nella prospettazione di parte ricorrente, da dubbi e censure di radicale incostituzionalità per la sua asserita esorbitanza dal sistema, in quanto in contrasto con le previsioni della Legge fondamentale (o, quantomeno, per l’assenza di una base giuridica certa nella Carta costituzionale). Nel merito, il Collegio ritiene che il ricorso ai decreti attuativi, operato dai decreti-legge, sia in sé coerente con il sistema delle fonti, e ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo perché in linea generale non è riservata alla norma primaria (ancorché contenuta nell’atto-fonte di necessità e urgenza) la disciplina di dettaglio e analitica delle fattispecie regolate (soccorrendo a tal fine, nella fisiologia della normazione, secondo uno schema gradualista delle fonti, la disciplina secondaria dell’esecutivo); in secondo luogo perché il decreto-legge, per quanto agile e di rapida approvazione parlamentare, non avrebbe consentito, nel contingente contesto storico, la duttilità, l’adattabilità e la flessibilità necessarie ad aderire plasticamente alla continua mutevolezza delle condizioni oggettive di sviluppo e andamento della pandemia, notoriamente variabili e scarsamente prevedibili, con significative diversificazioni territoriali, tali da richiedere la capacità di provvedere – di mutare le disposizioni – anche nel breve arco di un mese (o, addirittura, di settimane), duttilità, adattabilità e flessibilità certamente assicurate in misura maggiore dallo strumento esecutivo del d.P.C.M..

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