La Corte di Giustizia si pronuncia in tema di prestazioni di servizi effettuate a favore di persone maggiorenni legalmente incapaci e dirette a proteggerle negli atti della vita civile (CGUE, Sezione terza, 15 aprile 2021, C-846/19)

L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto deve essere interpretato nel senso che costituiscono un’attività economica, ai sensi di tale disposizione, prestazioni di servizi effettuate a favore di
persone maggiorenni legalmente incapaci e dirette a proteggerle negli atti della vita civile, il cui espletamento è affidato al prestatore da un’autorità giudiziaria a norma di legge e la cui remunerazione è stabilita dalla stessa autorità in modo forfettario o sulla base di una valutazione caso per caso tenendo conto in particolare della situazione finanziaria della persona incapace, remunerazione che può inoltre essere presa in carico dallo Stato in caso di indigenza di quest’ultima, qualora tali prestazioni siano effettuate a titolo oneroso, il prestatore ne tragga redditi a carattere permanente e il livello del compenso di tale attività sia determinato secondo criteri che ne
garantiscano l’idoneità a coprire le spese di funzionamento sostenute da tale prestatore. L’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso, da un lato, che costituiscono «prestazioni di servizi strettamente connesse con l’assistenza e la sicurezza sociale» le prestazioni di servizi effettuate a beneficio di persone maggiorenni legalmente incapaci e dirette a proteggerle negli atti della vita civile, e, dall’altro, che non è escluso che un avvocato che fornisce siffatte prestazioni di servizi a carattere sociale possa beneficiare, ai fini dell’impresa che gestisce e nei limiti di tali prestazioni, di un riconoscimento quale organismo avente carattere sociale, laddove un riconoscimento simile deve tuttavia obbligatoriamente essere concesso mediante l’intervento di un’autorità giudiziaria solo se lo Stato membro interessato, nel rifiutare tale riconoscimento, abbia superato i limiti del potere discrezionale di cui dispone a tal proposito. Il principio di tutela del
legittimo affidamento non osta a che l’amministrazione tributaria assoggetti all’imposta sul valore aggiunto (IVA) talune operazioni relative ad un periodo compiuto, in una situazione in cui tale amministrazione ha accettato per diversi anni le dichiarazioni IVA del soggetto passivo che non
includono le operazioni della stessa natura nelle operazioni imponibili e in cui il soggetto passivo si trova nell’impossibilità di recuperare l’IVA dovuta presso coloro che hanno effettuato la remunerazione di tali operazioni, poiché va considerato che le remunerazioni già versate includono già detta IVA.

Redazione Autore