L’articolo 11, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, dev’essere interpretato nel senso che la «protezione» prevista da tale disposizione con riferimento alla cessazione dello status di rifugiato deve rispondere agli stessi requisiti risultanti, per quanto riguarda il riconoscimento di tale status, dall’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della medesima. L’articolo 11, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2004/83, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultima, dev’essere interpretato nel senso che un eventuale sostegno sociale ed economico garantito da soggetti privati, quali la famiglia o il clan del cittadino di un paese terzo interessato, non risponde ai requisiti di protezione risultanti da tali disposizioni e non assume pertanto rilevanza al fine di valutare l’effettività o la disponibilità della protezione offerta dallo Stato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, né al fine di determinare, a norma dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera c), della medesima, il persistere di un timore fondato di essere perseguitato.
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