La Corte di Giustizia respinge i ricorsi di annullamento presentati dall’Ungheria e dalla Polonia contro la direttiva che rafforza i diritti dei lavoratori distaccati (CGUE, Grande Sezione, Sentenza 8 dicembre 2020, C-626/18)

La direttiva 2018/957 ha apportato modifiche all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71, relativo alle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati. Tali modifiche, ispirate al principio della parità di trattamento, implicano in particolare che a tali lavoratori non si applichino più le «tariffe minime salariali» fissate dalla legislazione dello Stato membro ospitante, bensì la «retribuzione» prevista da tale legislazione, nozione più ampia di quella di «salario minimo». Inoltre, nel caso in cui la durata effettiva di un distacco sia superiore a dodici mesi o, eccezionalmente, a diciotto mesi, la direttiva 2018/957 ha imposto, mediante l’inserimento di un articolo 3, paragrafo 1 bis, nella direttiva 96/71, l’applicazione della quasi totalità delle condizioni di lavoro e di occupazione dello Stato membro ospitante. La Polonia ha presentato un ricorso diretto all’annullamento della direttiva 2018/957, deducendo in particolare motivi vertenti sulla scelta di una base giuridica errata per l’adozione di tale direttiva, sulla violazione dell’articolo 56 TFUE, che garantisce la libera prestazione dei servizi, e sulla violazione del regolamento «Roma I».

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