Morte da amianto e prova del nesso causale (Cass. pen., Sez. IV, 29 ottobre – 3 dicembre 2020, n. 34341)

Riconosciuta ormai pacificamente, nella comunità scientifica, la nocività dell’esposizione all’amianto, la problematica selezione delle leggi scientifiche di copertura in subiecta materia attiene alla rilevanza causale del succedersi di ciascuna delle singole esposizioni (c.d. effetto acceleratore) in relazione alle singole fasi in cui si sviluppano gli effetti dell’esposizione protratta all’amianto, al fine di individuare i soggetti responsabili nell’ambito dei periodi di esposizione “causalmente rilevante”. In particolare, per affermare la responsabilità dell’imputato fondata sull’effetto acceleratore sul mesotelioma della esposizione ad amianto anche nella fase successiva a quella dell’insorgenza della malattia, il giudice, avendo la relativa legge scientifica di copertura natura probabilistica, deve verificare se l’abbreviazione della latenza della malattia si sia verificata effettivamente nel caso di specie, accertando che il processo patogenetico si è sviluppato in un periodo significativamente più breve rispetto a quello richiesto nei casi in cui all’iniziazione non segua un’ulteriore esposizione e dovendo altresì essere noti e presenti nella concreta vicenda processuale i fattori che nell’esposizione protratta accelerano il processo. In altri termini, è necessario acquisire processualmente la certezza che, nel periodo di assunzione della posizione di garanzia da parte del soggetto chiamato a rispondere degli esiti letali dell’esposizione, quest’ultima fosse causalmente idonea ai fini della patogenesi e dell’accelerazione del decorso infausto della malattia.

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