La CEDU su processo per violazione del segreto di Stato (CEDU, sez. III, sent. 1 dicembre 2020, ric. n. 88/05)

La Corte Edu si pronuncia sul caso del sig. Danilov, rinomato fisico russo, condannato per alto tradimento con l’accusa di aver rivelato segreti di Stato nel corso di una collaborazione con accademici cinesi. Il ricorrente ha adito i Giudici di Strasburgo lamentando la violazione del suo diritto ad un processo equo, a causa della parzialità della giuria e del rigetto della sua richiesta di escutere alcuni testimoni al fine di dimostrare che le informazioni divulgate non erano, in realtà, configurabili quali oggetto di segreto di Stato. La Corte aveva chiesto al Governo, già a febbraio 2007, le copie di tutti i documenti pertinenti al caso, richiesta poi reiterata, affermando che il governo avrebbe potuto modificare i documenti, ove
necessario. Il governo, tuttavia, aveva rifiutato di fornire la documentazione del fascicolo penale in entrambe le occasioni. La Corte ha ritenuto che a causa di questo inadempimento lo Stato non avesse soddisfatto i requisiti convenzionali (art.38). In ordine alla denunciata violazione dell’art.6 (diritto a un equo processo), la Corte ha colto l’occasione per ribadire che “la giustizia non deve solo essere fatta, ma anche apparire fatta”. In particolare, le accuse di parzialità della giuria, derivavano dalla circostanza che quattro dei 12 giurati avevano avuto il nulla osta di sicurezza dello Stato. Secondo il ricorrente tale circostanza portava a dubitare fortemente della selezione casuale dei giurati. La Corte ha rilevato che sebbene il nulla osta di sicurezza non implicasse di per sé parzialità, la circostanza, nel caso di specie, giustificava un esame attento da parte del giudice interno, il quale, invece, aveva respinto tali eccezioni per motivi formali. Di qui la conclusione che le autorità non erano riuscite a salvaguardare il ricorrente da preoccupazioni oggettivamente giustificate riguardo l’imparzialità della giuria, in violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Per quanto riguarda, poi, l’esame dei testimoni, il ricorrente aveva chiesto di poter controinterrogare i 10 periti che avevano preparato i rapporti chiave, che avevano condotto alla sua condanna ed aveva chiamato 17 esperti a sua difesa, richieste tutte respinte. La Corte ha ribadito che un processo equo implica la possibilità di confrontarsi e far esaminare i testimoni davanti al giudice chiamato a decidere il caso. Aver impedito il controinterrogatorio aveva fortemente influenzato il diritto del ricorrente di mettere in discussione le basi delle relazioni accusatorie, pregiudicando la “parità delle armi” ed il “contraddittorio”, con evidente violazione dei suoi diritti garantiti dall’art.6 Cedu.

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