Calunnia e veridicità delle accuse (Cass. pen., Sez. VI, 22 ottobre – 3 novembre 2020, n. 30639)

Non integra il delitto di calunnia la condotta di colui il quale denunci un fatto realmente accaduto ma non corrispondente ad alcuna fattispecie astratta di reato, laddove nell’azione indicata difetti l’alterazione, in tutto o in parte, della verità, dalla quale possa derivare l’incolpazione per il denunciato. Tale regula iuris impone, pertanto, di verificare se si sia realmente verificato il fatto che costituisce direttamente oggetto dell’accusa.
Diversamente, ove il reato oggetto dell’accusa sia a sua volta una calunnia (come nel caso oggetto della sentenza in epigrafe), ai fini della punibilità ex art. 368 c.p. diventa ininfluente la circostanza che il fatto oggetto di tale secondo illecito sia vero o meno, rilevando unicamente la veridicità della condotta asseritamente tenuta dal soggetto direttamente incolpato. Ciò in quanto il delitto di calunnia è reato di pericolo, integrato dalla mera astratta possibilità, nel momento della sua commissione, dell’avvio di un procedimento penale a carico del soggetto falsamente incolpato. Tale fattispecie è, inoltre, plurioffensiva, mirando l’art. 368 c.p. a tutelare sia l’interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia, sia quello dell’incolpato all’integrità del suo onore e della sua libertà personale.

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