La Corte EDU si è pronunciata sul principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 Conv. Il caso è quello di un padre di famiglia rimasto vedovo che si è visto sospendere la sua pensione di reversibilità a causa del raggiungimento della maggiore età del figlio più piccolo. Il ricorrente ha sostenuto che ciò non sarebbe mai accaduto se si fosse trattato di una donna, affermando che questa sospensione risulta essere una manifesta discriminazione basata sul sesso. Il Governo svizzero, seppur consapevole del fatto che i vedovi e le vedove non sono trattati ugualmente, ha ritenuto che la disparità di trattamento prevista fosse oggettivamente e ragionevolmente giustificata. La Corte ha ritenuto che il ricorrente abbia sofferto molto a causa dell’interruzione del pagamento della pensione di reversibilità. Ha affermato inoltre che le vedove mantengono il diritto alla stessa, nonostante il raggiungimento della maggiore età dell’ultimo figlio. Principalmente la Corte non ha potuto accettare il fatto che a causa del sistema pensionistico svizzero, il Governo abbia potuto giustificare la disparità di trattamento di cui il ricorrente è stato vittima. I giudici di Strasburgo hanno riaffermato che l’art. 1 della Convenzione EDU obbliga tutti gli Stati a rispettare i diritti dell’uomo. Nonostante sia lasciata a questi ultimi la scelta dei mezzi da impegnare per garantire tali diritti, la Corte si è riservata il diritto di esercitare uno stretto controllo del rispetto di questi nella loro applicazione pratica. La Corte ha concluso che il Governo non ha fornito alcuna giustificazione per la disparità di trattamento di cui il ricorrente è stato vittima, affermando così che c’è stata una violazione dell’art. 14 Conv. in combinato disposto con l’art. 8.
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