La CEDU su legislazione ‘anti-estremismo’ e libertà di espressione in Russia (CEDU, sez. III, sent. 6 ottobre 2020, ric. n. 16435/10)

La Corte si pronuncia sulla causa intentata contro la Russia da Vadim Yevgenyevich Karastelev, Tamara Viktorovna Karasteleva e dalla Organizzazione non governativa “Comitato Novorossiysk per i diritti umani” (“NCHR”), che nell’aprile 2009, avevano organizzato pubbliche proteste a Novorossiysk contro una legge, che imponeva, tra l’altro, che i minori fossero accompagnati da un adulto nei luoghi pubblici di notte.
Le autorità russe, in applicazione della vigente legislazione ‘anti-estremismo’, avevano ritenuto che l’esposizione di un poster con contestazioni da parte dei ricorrenti durante tale protesta e l’incoraggiamento di alcuni adolescenti a partecipare ad ulteriori manifestazioni contro la modifica legislativa in discorso, equivalesse a pianificare una “attività estremista”. Di qui l’avvio di tre procedimenti legali contro i ricorrenti, con l’avvertimento di astenersi da ulteriori proteste al fine di evitare un procedimento giudiziario e le relative conseguenze. I ricorrenti avevano, quindi, dovuto scegliere tra rispettare l’avvertimento, che essenzialmente significava astenersi da ulteriori
manifestazioni di dissenso, o affrontare il processo. Nella sentenza in oggetto, i Giudici di Strasburgo hanno dichiarato, all’unanimità, l’avvenuta
violazione dell’art. 10 (libertà di espressione) della Cedu. La Corte ha, infatti, ritenuto che le pertinenti disposizioni della legislazione ‘anti – estremismo’ fossero state formulate in termini troppo generici, lasciando una discrezionalità troppo ampia in capo al pubblico ministero e rendendo imprevedibili gli effetti della loro applicazione. Né la legislazione, né la prassi avevano fornito ai ricorrenti, nel caso di specie, una protezione adeguata contro l’arbitrario ricorso alle procedure legali ivi previste. Ed invero, tali carenze evidenziate dai ricorrenti, sono state riconosciute anche dalla Corte Edu, che ha ritenuto inverosimile considerare il poster de quo e l’interazione dei ricorrenti con due adolescenti quale incitamento all’opposizione violenta (o con minacce di violenza) ad attività lecite delle autorità pubbliche. La Corte ha, inoltre, dichiarato, all’unanimità, la violazione dell’art. 6 § 1 (diritto di accesso a giudice) relativamente ai procedimenti di controllo giurisdizionale proposti dal sig. Karastelev.

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