La CEDU su diffamazione e libertà di espressione (CEDU, sez. IV, sent. 28 luglio 2020, ric. n. 53028/14)

La Corte si pronuncia sul caso di una cittadina rumena, ex ministro della giustizia e membro del Parlamento europeo, condannata per diffamazione ai danni di un senatore e di un deputato rumeni, esercenti la professione legale, per aver parlato in pubblico di contratti milionari stipulati con
aziende statali dai predetti politici nella loro qualità di avvocati.
I Giudici di Strasburgo hanno riscontrato, in particolare, che le dichiarazioni della ricorrente, secondo cui la possibilità di esercitare contemporaneamente la professione di avvocato ed il mandato di parlamentare favorisce la corruzione, era stato un mix di giudizio di valore e di dichiarazione di fatto, non riconoscendo in capo alla signora Macovei l’intenzione di attaccare gratuitamente tali uomini politici, che versavano in quella situazione, ma piuttosto quella di formulare un discorso generale sulla corruzione a sostegno di una legge volta ad impedire alle persone di operare, al tempo stesso, come avvocati e parlamentari. Secondo la Corte Edu, i tribunali d’appello, che avevano annullato la sentenza di primo grado che respingeva il ricorso per diffamazione, non avevano fornito ragioni convincenti per le loro conclusioni e non avevano raggiunto un giusto equilibrio tra i diritti concorrenti in gioco. Inoltre, la condanna al risarcimento dei danni ed alla pubblicazione della sentenza a proprie spese sui quotidiani nazionali, era stata eccessiva, con effetti dissuasivi rispetto all’esercizio della libertà di espressione. Pertanto, l’interferenza con i diritti della ricorrente è stata giudicata non necessaria in una società democratica, con conseguente violazione dell’articolo 10 CEDU.

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