La CEDU su isolamento di prigionieri e trattamenti disumani e degradanti (CEDU, sez. V, sent.14 maggio 2020, ric. n. 5499/15)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di un cittadino francese che lamentava di aver subito un trattamento disumano e degradante a causa dell’ isolamento disposto durante la custodia cautelare in carcere, dopo le cure ospedaliere, in dispregio del suo stato di salute.

La Corte rileva che la misura dell’isolamento era stata adottata con l’obiettivo di chiarire in che modo il ricorrente avesse proceduto all’acquisto di oggetti non autorizzati durante la prigionia e ad impedire la prosecuzione di tale attività.
Secondo i Giudici di Strasburgo, sebbene non vi fosse stata alcuna valutazione da parte dell’amministrazione penitenziaria dell’idoneità del ricorrente ad essere posto in isolamento, tuttavia, il suo stato di salute non aveva in alcun caso richiesto tale valutazione, dopo aver lasciato l’unità psichiatrica dell’ospedale; inoltre, dal registro del carcere emergeva il regolare monitoraggio del ricorrente da parte dell’equipe medica; infine, era stato anche verificato che il suo stato di salute non richiedesse alcun adattamento delle sue condizioni di detenzione.
Per quanto riguarda le garanzie procedurali, la Corte ha osservato che al ricorrente era stato assicurato il contraddittorio, essendo stato ascoltato, in presenza del suo avvocato, prima della decisione finale di collocarlo in isolamento. In precedenza, al ricorrente erano stati notificati documenti rilevanti ed aveva presentato per iscritto delle difese. Aveva anche presentato due domande al giudice cautelare e poi due ricorsi dinanzi al Conseil d’État, in aprile e maggio 2014, tutti respinti.
Alla luce di tali circostanze, la Corte ha concluso che la misura dell’isolamento parziale e relativo fosse giustificata da motivi di sicurezza e compatibile con il suo stato di salute; d’altronde, era stato assicurato quel minimo di garanzie procedurali richieste in tali casi per evitare qualunque rischio di arbitrarietà delle decisioni.
Di qui il rigetto della domanda ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione, in quanto manifestamente infondata.

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