L’irrilevanza penale della coltivazione destinata all’autoconsumo (Cass. pen., Sez. Un., 19 dicembre 2019 – 16 aprile 2020, sent. n. 12348)

Il reato di coltivazione di stupefacenti punito ai sensi dell’art. 73, d.P.R. 309/90 è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente. Al contempo, non sono riconducibili all’ambito di applicazione della norma incriminatrice in parola le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore. Ne deriva che la coltivazione di piante dalle quali possano ricavarsi sostanze stupefacenti è lecita ove emerga, da una valutazione complessiva dei predetti indici, che la stessa è destinata all’autoconsumo.

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