La CEDU sugli artt. 3 e 8 della Convenzione (CEDU, sez. III, sent. 18 febbraio 2020, ric. n. 12848/15)

La Corte EDU si è pronunciata sul caso del Sig. Makdoudi che ha lamentato di non esser stato in grado di ottenere una decisione giudiziaria definitiva sulla liceità della sua detenzione, adducendo una violazione dell’art. 5 co. 4 della Convenzione che afferma: “Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima”.

La Corte ha notato che il richiedente, seppur presentando due richieste di liberazione, è stato rilasciato solo dopo quattro mesi e pertanto, ha confermato che vi è stata una violazione di tale disposizione.
Nel ricorso il richiedente ha inoltre lamentato che il licenziamento con il connesso divieto di entrare il Belgio, ha costituito un’interferenza con la sua vita familiare, non conforme all’art. 8 della Convenzione. Ha lamentato che le autorità hanno fatto prevalere la protezione dell’ordine pubblico senza valutare minimamente la sua situazione personale e familiare. A sostegno di questa tesi il ricorrente ha prodotto il certificato di nascita del figlio.

Il governo belga ha sostenuto che il richiedente non aveva la potestà genitoriale sul bambino che risiedeva regolarmente in Belgio, poiché egli lo ha riconosciuto solo dopo una anno dalla nascita. Il governo ha inoltre notato che il richiedente aveva creato la sua vita familiare in un momento in cui sapeva che il suo soggiorno era precario.

La Corte riscontrando un ragionamento insufficiente da parte delle autorità nazionali, senza un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti, ha dichiarato anche la violazione dell’art. 8 della Convenzione.

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