Suicidio assistito post Consulta: assoluzione perché il fatto non sussiste (Corte d’Assise di Milano, 23 dicembre 2019 – 30 gennaio 2020, sent. n. 8)

Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 580 c.p., mentre la condotta di istigazione al suicidio risulta sempre penalmente rilevante, nel caso di aiuto al suicidio la penale responsabilità del soggetto agente non sussiste se la volontà di suicidio è espressa in modo chiaro e consapevole da persona in condizioni gravi ed irreversibili, accertate in ambito medico, alla quale sia stata prospettata la possibilità di ricorrere ad altre azioni legalmente consentite.

Ciò sulla scorta della sentenza n. 242 del 2019, con la quale la Consulta dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. «nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione , agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente».

Ove sussistano le predette condizioni per una dichiarazione di non punibilità dell’agente, la formula assolutoria da adottare è quella fondata sull’insussistenza del fatto. Ed invero, la non punibilità dell’agente consegue non alla sussistenza in suo favore di una scriminante quanto, piuttosto, alla riduzione dell’ambito oggettivo della fattispecie incriminatrice oggetto del vaglio di costituzionalità.

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