Espellere il migrante che non ha mostrato diligenza nella richiesta del permesso di soggiorno non viola l’art. 5 della Convenzione (CEDU, sez. I, sent. 9 gennaio 2020, ric. n. 40086/14)

L’articolo 5 della Convenzione sancisce il diritto fondamentale della protezione dell’individuo contro qualsiasi interferenza arbitraria da parte dello Stato con il suo diritto alla libertà. La disposizione contiene un esaustivo elenco dei motivi per i quali una persona può essere privata della sua libertà. Una delle eccezioni a tale diritto, consente agli stati di limitare quella degli stranieri nel contesto del controllo dell’immigrazione. Nel caso in esame, la Corte EDU si pronuncia a seguito del ricorso presentato dal Sig. Jeddi contro l’ordine di espulsione da lui ricevuto e ritenuto illegale dal punto di vista del diritto interno.
Il governo italiano, da parte sua, ritiene che il richiedente fu presentato alla giustizia senza documenti di identità, rendendo, così, impossibile la sua identificazione. Sottolinea inoltre che egli aveva rinunciato alla richiesta della protezione internazionale.
Ricorda la Corte, che era responsabilità del richiedente attendere l’esito dei procedimenti avviati e perseguirli al fine di ottenere il permesso di soggiorno. Quando il richiedente lasciò l’Italia clandestinamente per fare una richiesta di asilo parallela in Svizzera, egli mostrò una mancanza di diligenza. In un tal caso, la giustizia italiana non può essere criticata per aver deciso di espellere il richiedente sulla base degli oggettivi elementi a sua disposizione. La Corte, pertanto, ritiene che la privazione di libertà subita dal richiedente è avvenuta in conformità con la legge e nel contesto di procedimenti che non hanno evidenziato prove di arbitrarietà. Concludendo, non vi è stata alcuna violazione dell’articolo 5 della Convenzione

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