La CEDU su libertà di espressione (CEDU, sez. II, sent. 29 ottobre 2019, ric. n. 36226/11)


La Corte Edu si pronuncia sul caso di Hatice Çoban, membro del Demokratik Toplum Partisi (DTP), condannata a due anni di reclusione con l’accusa di aver fatto propaganda a favore di una organizzazione terroristica (il Kurdistan Workers Party, PKK) . In particolare, la ricorrente, in occasione della “Giornata mondiale della pace”, organizzata dal DTP, avrebbe pronunciato un discorso a sostegno del PKK, asserendone l’ impegno in una onorevole campagna per l’identità e la libertà dei curdi, affermando l’assoluta necessità dell’esistenza di tale organizzazione terroristica ed auspicandone la resistenza alle forze di sicurezza. La Corte, nel ribadire che l’equità del procedimento e le garanzie procedurali offerte sono fattori da prendere in considerazione nel valutare la proporzionalità di un’interferenza con la libertà di espressione, ha rilevato che i giudici nazionali, nel caso di specie, non avevano adeguatamente preso in considerazione i pertinenti argomenti addotti in punto di diritto dalla sig.ra Çoban a contestazione dell’affidabilità del principale elemento di prova utilizzato a sostegno della sua condanna, cioè il rapporto della polizia. Ed invero, la ricorrente aveva, tra l’altro, denunciato che la versione del suo discorso riportata sulla stampa era differente da quella risultante nel rapporto di polizia, ma i giudici interni non avevano fatto nulla per cercare di chiarire tale discrepanza, come ascoltare dei testimoni o procurarsi le registrazioni del discorso incriminato, sicché non risultano soddisfatti nel caso di specie i requisiti di un processo equo.
Di qui la conclusione che i tribunali nazionali non avevano adeguatamente svolto il loro compito di contemperare i vari interessi in gioco ai fini dell’art.10 della Convenzione, che tutela la libertà di espressione, con conseguente violazione della norma de qua.

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