La CEDU sul dovere statale di protezione della vita umana (CEDU, sez. I, sent. 5 settembre 2019, ric. n. 20147/15)

Microsoft Word – CEDU, sent. 5 settembre 2019, ric. n. 20147-15

La Corte Edu si pronuncia sul caso di Krzysztof Olewnik, rapito nel 2001, detenuto e maltrattato per oltre due anni, poi assassinato nonostante la consegna del riscatto richiesto dai rapitori. Il suo corpo era stato recuperato solo nel 2006 quando uno dei rapitori aveva confessato e indicato il luogo di sepoltura. Il fratello ed il figlio di Olewnik hanno adito i giudici di Strasburgo invocando la violazione del diritto alla vita tutelato dall’art. 2 della Cedu: hanno asserito, infatti, la responsabilità delle autorità nazionali per la morte del loro parente, per non aver garantito una indagine efficace sul rapimento, né, successivamente, sull’omicidio. La Corte Edu, ricorda, innanzitutto, che l’obbligo di proteggere il diritto alla vita ai sensi dell’art. 2 della Convenzione, letto in combinato disposto con l’obbligo generale dello Stato ai sensi dell’art. 1 di “garantire a tutti nella [sua] giurisdizione i diritti e le libertà definiti nella [la] Convenzione”, implica la necessità di un’indagine ufficiale efficace quando una persona muore in circostanze sospette, con lo scopo essenziale di garantire l’attuazione delle leggi nazionali che tutelano il diritto alla vita. L’indagine deve essere efficace nel senso che deve essere in grado di portare all’accertamento dei fatti e, se del caso, all’identificazione e alla punizione dei responsabili. Pur trattandosi di un obbligo non di risultato, ma di mezzi, le autorità sono tenute ad adottare tutte le misure ragionevoli a loro disposizione per raccogliere le prove relative all’evento; qualunque sia la modalità utilizzata, le autorità devono agire di propria iniziativa una volta che la questione è venuta alla loro attenzione; ci deve essere un sufficiente controllo pubblico sulle indagini e sui relativi risultati; in ogni caso, il parente più prossimo della vittima deve essere coinvolto nella procedura nella misura necessaria a salvaguardare i suoi legittimi interessi. Prontezza e rapidità ragionevole, inoltre, sono imprescindibili in questo contesto: una pronta risposta da parte delle autorità nell’indagare su decessi sospetti è essenziale per mantenere la fiducia dei cittadini nello stato di diritto e per prevenire qualsiasi apparenza di collusione o di tolleranza di atti illeciti. La Corte ha riscontrato che, nel caso di specie, le autorità polacche avevano saputo o avrebbero dovuto sapere che c’era un rischio reale e immediato per la vita di Olewnik sin dal momento in cui era scomparso, traendo dalla relazione della commissione parlamentare d’inchiesta, avviata nel 2009 su questo caso, conferme della mancanza di impegno e dell’incompetenza della polizia nei primi anni dell’indagine sul rapimento. Peraltro, i giudici di Strasburgo stigmatizzano lo stato di incertezza in cui versano tutt’ora i ricorrenti, atteso che dopo tanti anni dal rapimento, il procedimento per l’omicidio del signor Olewnik è ancora in corso, senza che siano stati chiariti gli eventi e che il Governo ha opposto alle richieste di informazioni rivolte dai ricorrenti un netto rifiuto per motivi di riservatezza. La Corte ha, pertanto, riconosciuto la violazione invocata per quanto riguarda il mancato rispetto da parte dello Stato del proprio dovere di protezione della vita del parente dei ricorrenti e per l’inadeguata indagine sulla sua morte.


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