Spetta al legislatore compiere valutazioni sull’utilizzazione degli embrioni ai fini di ricerca (Corte cost., sentenza 22 marzo 2016, n. 84)

E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1, 2 e 3 della legge n. 40 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 13, 31, 32 e 33, primo comma, Cost., dal Tribunale ordinario di Firenze.
Il differente bilanciamento dei valori in conflitto, che attraverso l’incidente di costituzionalità si vorrebbe sovrapporre a quello presidiato dalla normativa scrutinata, non potrebbe, infatti, non attraversare (e misurarsi con) una serie di molteplici opzioni intermedie, che resterebbero, anch’esse, inevitabilmente riservate al legislatore.
Unicamente al legislatore, infatti, compete la valutazione di opportunità (sulla base anche delle “evidenze scientifiche” e del loro raggiunto grado di condivisione a livello sovranazionale) in ordine, tra l’altro, alla utilizzazione, a fini di ricerca, dei soli embrioni affetti da malattia – e da quali malattie – ovvero anche di quelli scientificamente “non biopsabili”; alla selezione degli obiettivi e delle specifiche finalità della ricerca suscettibili di giustificare il “sacrificio” dell’embrione; alla eventualità, ed alla determinazione della durata, di un previo periodo di crioconservazione; alla opportunità o meno (dopo tali periodi) di un successivo interpello della coppia, o della donna, che ne verifichi la confermata volontà di abbandono dell’embrione e di sua destinazione alla sperimentazione; alle cautele più idonee ad evitare la “commercializzazione“ degli embrioni residui.

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