Ancora in tema d’illegittimità delle disposizioni introdotte in sede di conversione adottate in carenza di “nesso funzionale” tra il decreto legge e legge di conversione (Corte Cost., sentenza 12 febbraio 2014, n. 32)

Con la sentenza in oggetto la Corte Costituzionale torna a pronunciarsi in tema di “evidente estraneità” delle disposizioni inserite in sede di conversione al decreto-legge. Ribadisce come dalla connotazione di “legge a competenza tipica” della legge di conversione derivi una limitazione alla emendabilità del decreto-legge. L’inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, o alle finalità di quest’ultimo, determina un vizio della legge di conversione. L’eterogeneità delle disposizioni aggiunte in sede di conversione determina, pertanto, un vizio procedurale delle stesse, che come ogni altro vizio della legge, spetta alla Corte costituzionale accertare.
Nel caso sottoposto all’esame della Corte risultano contestualmente presenti plurimi indici che rendono manifesta l’assenza di ogni nesso di interrelazione funzionale tra le disposizioni impugnate e le originarie disposizioni del decreto-legge.
In difetto del necessario legame logico-giuridico, richiesto dall’art. 77, secondo comma, Cost., i censurati artt. 4-bis e 4-vicies ter devono pertanto ritenersi adottati in carenza dei presupposti per il legittimo esercizio del potere legislativo di conversione e perciò costituzionalmente illegittimi. Per quello che concerne le norme abrogate dalle disposizioni impugnate, la Corte ricorda come l’atto affetto da vizio radicale nella sua formazione è inidoneo ad innovare l’ordinamento e, quindi, anche ad abrogare la precedente normativa. Deve, dunque, ritenersi che la disciplina dei reati sugli stupefacenti contenuta nel d.P.R. n. 309 del 1990, nella versione precedente alla novella del 2006, torni ad applicarsi, non essendosi validamente verificato l’effetto abrogativo.

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