La CEDU su divulgazione non autorizzata di messaggi di posta elettronica (CEDU, sez. IV, sent. 7 settembre 2021, ric. n. 27516/14)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di una donna, il cui ex marito aveva avuto accesso ai messaggi di posta elettronica scambiati dalla ricorrente su un sito di incontri casuali e li aveva prodotti, senza il suo consenso, nell’ambito di procedimenti giudiziari da lui avviati (quello per la responsabilità genitoriale condivisa ed il procedimento di divorzio). Il tribunale per gli affari familiari, tuttavia, non aveva preso in considerazione queste e-mail. La ricorrente, tuttavia, lamentava il fatto che i giudici interni non avevano punito l’uomo per aver rivelato informazioni personali. I Giudici di Strasburgo hanno osservato che, trattandosi di messaggi personali, che un individuo legittimamente si aspetta non vengano pubblicati senza il proprio consenso, e rispetto ai quali la
divulgazione può indurre un fortissimo senso di intrusione nella propria “vita privata” e “corrispondenza”, tutelata dall’art. 8, certamente la fattispecie rientrava nell’ambito di applicazione di tale ultima disposizione Cedu. Tuttavia, nel merito, poiché l’ingerenza nella vita privata della ricorrente era stata causata da un privato piuttosto che dallo Stato, le sue doglianze dovevano essere esaminate dal punto di vista degli obblighi positivi dello Stato ai sensi dell’art. 8. Per l’ordinamento giuridico, l’accesso al contenuto di lettere o telecomunicazioni senza il consenso dei corrispondenti e la divulgazione del contenuto così ottenuto sono punibili penalmente. Ebbene, a seguito della denuncia penale presentata dalla ricorrente per violazione della sua corrispondenza, l’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale competente aveva aperto un’indagine. Inoltre, la ricorrente era stata autorizzata, su sua richiesta, a partecipare al procedimento penale in qualità di assistente, il ché le aveva consentito di svolgere un ruolo attivo in tali procedimenti. In particolare, aveva potuto presentare le sue prove, e poi chiedere l’apertura di un’indagine quando la procura aveva deciso di archiviare il procedimento. Inoltre, nel chiedere l‘apertura di un’indagine, aveva rinunciato all’opportunità di presentare una richiesta di risarcimento. Aveva quindi manifestato la volontà che il procedimento penale continuasse al solo fine di ottenere il riconoscimento della presunta violazione dei suoi diritti. Alla luce di queste constatazioni, la Corte ha ritenuto che, in casi come quello in esame, l’ordinamento giuridico portoghese offrisse una tutela adeguata al diritto al rispetto della vita privata ed al segreto della corrispondenza. Per quanto riguarda, poi, l’accesso alle e-mail della ricorrente, la Corte d’appello aveva ritenuto che
ella avesse concesso a suo marito il pieno accesso al suo account di messaggistica sul sito di incontri e che questi messaggi facevano quindi parte della vita privata della coppia: tale conclusione in ordine alla accessibilità dei messaggi non è sembrata sufficientemente arbitraria da consentire alla Corte Edu di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici interni. Peraltro, in linea con l’approccio seguito dalla Corte d’appello, i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto che gli effetti della divulgazione dei messaggi contestati sulla vita privata della ricorrente
fossero stati limitati, essendo stati divulgati solo nei procedimenti civili suddetti ed essendo molto limitato l’accesso pubblico ai file in questo tipo di giudizi. Inoltre, i messaggi in questione non erano stati esaminati nella pratica, poiché il tribunale per gli affari di famiglia non si era, infine,
pronunciato sul merito delle richieste del marito. Alla luce di tutte le suddette considerazioni, la Corte Edu ha concluso che lo Stato aveva assolto al proprio obbligo positivo di tutelare i diritti della ricorrente al rispetto della sua vita privata e alla riservatezza della sua corrispondenza.

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