La CEDU su giornalismo responsabile (CEDU, sez. II, sent. 19 dicembre 2019, ric. n. 69111/17)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di quattro giornalisti russi, destinatari di una decisione di espulsione dalla Lituania e di divieto di rientro per un anno a causa di azioni compiute in occasione di una conferenza tenutasi a Vilnius.
I ricorrenti, impiegati dell’emittente statale russa Rossiya-24, rispettivamente, come reporter, operatore del suono, cameraman e caporedattore, nel marzo 2016 erano stati inviati in Lituania in

Vilnius Russia Forum, evento organizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri lituano, nell’ambito del quale erano state affrontate varie questioni relative alla Russia, ivi compresa quella degli attivisti dell’opposizione russa.
Il datore di lavoro aveva assegnato ai ricorrenti il compito di informare sugli eventi del Forum ed intervistare i partecipanti. Pur non avendo l’accreditamento, i giornalisti erano riusciti ad avere accesso alle sedi del Forum. I media lituani avevano successivamente riferito che essi avevano causato incidenti ed interruzioni.
Di qui la decisione del Dipartimento per le migrazioni di espellere i richiedenti e di vietarne il rientro per un anno, adottata sulla base di informazioni del Dipartimento di sicurezza dello Stato lituano, secondo cui i rappresentanti del canale televisivo Rossiya-24 avrebbero potuto rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale.
I ricorrenti lasciarono la Lituania, ma fecero appello contro le decisioni di espulsione, sostenendo di aver svolto pacificamente il loro lavoro giornalistico, cercando di intervistare e filmare i partecipanti al Forum, ma che erano stati attaccati da alcuni organizzatori e partecipanti alla conferenza.
I ricorsi dei ricorrenti erano stati respinti sia dal Tribunale amministrativo regionale di Vilnius che, nel Marzo 2017, dalla Corte amministrativa suprema.
Il Tribunale amministrativo supremo aveva riscontrato, in particolare, che la troupe era giunta senza accreditamento ed aveva ottenuto l’accesso alla sede del Forum con l’inganno, che aveva causato uno scontro con gli addetti alla sicurezza. Peraltro, i forti legami accertati dai rapporti internazionali con il governo russo e i media statali russi, erano stati ritenuti dal Tribunale motivi sufficienti per ritenere che i richiedenti rappresentassero una minaccia alla sicurezza nazionale.
Infine, i tribunali di entrambi i livelli di giurisdizione avevano sottolineato che l’espulsione dei ricorrenti erano conseguenza non della diffusione delle loro idee, ma delle loro azioni provocatorie; che le misure non avevano impedito ai richiedenti di ricevere o impartire informazioni e che, in ogni caso, la libertà di espressione non è un diritto illimitato e che può essere limitato a tutela di altri interessi rilevanti.
La Corte Edu ha, innanzitutto, espresso dubbi sull’applicabilità al caso de quo dell’art. 10 invocato dai ricorrenti, atteso che le autorità lituane ne avevano ordinato l’espulsione a causa di azioni

aggressive e provocatorie, non già in ragione di opinioni espresse, di dichiarazioni rese o di pubblicazioni.
I Giudici di Strasburgo, inoltre, hanno rilevato l’assenza di qualunque elemento che facesse pensare ad errori commessi dai tribunali interni nella loro valutazione o ad applicazioni arbitrarie della legge, ragion per cui la Corte non ha ravvisato motivi per non essere d’accordo con la loro conclusione che il divieto di espulsione e di ingresso era stato necessario nell’interesse della sicurezza nazionale.

Infine, la Corte ha ribadito che la protezione offerta dall’art. 10 ai giornalisti è soggetta alla condizione che abbiano agito in buona fede al fine di fornire informazioni accurate ed affidabili, in conformità ai principi del giornalismo responsabile, concetto che non si limita al contenuto delle informazioni, ma riguarda anche la condotta del giornalista.

In questo caso, la Corte ha ritenuto che la condotta dei giornalisti non sia stata ispirata ai principi del giornalismo responsabile, concludendo che le autorità lituane avevano dimostrato che le misure contro i ricorrenti erano state necessarie nell’interesse della sicurezza nazionale ed erano state proporzionate allo scopo legittimo perseguito.

Redazione Autore