Secondo la Corte di Strasburgo ogni Stato contraente ha il diritto di opporsi ai movimenti politici fondati sul fondamentalismo e, per tanto, non viola la Convenzione una legislazione che mira a combattere l’incitazione all’odio e alla discriminazione (CEDU, sez. II, sent. 20 luglio 2017, rec. n. 34367/14)

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un cittadino belga per presunta violazione dell’art. 10 della Convenzione, posto a tutela la libertà di espressione.
Nello specifico, questi aveva pubblicato su una piattaforma on-line alcuni video che difendevano la Sharia con l’uso della violenza, invitando gli spettatori a sopprimere i non musulmani; condotte che il Tribunale di Anversa ha ritenuto penalmente perseguibili ai sensi della Legge del 10 maggio 2007 sulla lotta contro alcune forme di discriminazione.
Esauriti tutti i ricorsi interni, Fouad Belkacem invocava innanzi ai giudici di Strasburgo la tutela della propria libertà di espressione e di religione, ritenendo le proprie esternazioni inidonee a costituire una minaccia per l’ordine pubblico.
La Corte Edu ha invece statuito che le affermazioni di Belkacem sono “hate speech” (discorso d’odio) che travalica i confini della libera espressione di una opinione, incitando alla discriminazione e al disprezzo verso tutti i “non musulmani”. Esternazioni così violente non sono compatibili con i valori della pace sociale, della tolleranza e dell’inclusione predicati dalla Convenzione.
Per queste ragioni non può essere riconosciuta la tutela accordata dall’art. 10, dal momento che la libertà di espressione è stata utilizzata per scopi intrinsecamente contrari allo spirito della Convenzione stessa.

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