La Corte EDU sulla violazione degli obblighi positivi dello Stato in un caso di mancato rilascio di documenti di identità (CEDU, sez. V, sent. 16 novembre 2023, ric. n. 3041/19)

La Corte EDU ha deciso il ricorso col quale il ricorrente ha lamentato la violazione da parte delle autorità spagnole dei loro obblighi positivi ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione per la mancata registrazione del suo atto di nascita e, del conseguente, mancato rilascio della sua carta d’identità. In via generale, la Corte ha ricordato che il concetto di vita privata, che copre l’integrità fisica e psicologica di una persona, abbraccia molteplici altri aspetti tra cui quello di esigere che ciascuno possa provare i dettagli della propria identità quale espressione della propria autonomia personale. Più in particolare, il diritto al rispetto della vita privata comprende anche il diritto soggettivo alla registrazione della propria nascita e, di conseguenza, di avere accesso ad altri documenti di identità. Sebbene, secondo il diritto spagnolo, in circostanze normali la responsabilità primaria di intraprendere tali adempimenti amministrativi spetti ai genitori, la Corte EDU ha ravvisato – quando le circostanze lo rendano imperativo per salvaguardare importanti interessi tutelati ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione – una certa adattabilità delle procedure standard. In ragione di ciò, essa ha osservato che lo Stato attraverso la sua condotta omissiva ha, di fatto, impedito che fosse rispettato un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco e, in particolare, di garantire che il diritto del richiedente ad avere un’identità riconosciuta ai sensi dell’articolo 8 non fosse violato. In tal senso, e al fine di rimediare alle inadempienze genitoriali, le autorità convenute avevano l’obbligo di agire con la dovuta diligenza per assistere il ricorrente nell’ottenimento del suo certificato di nascita e dei suoi documenti d’identità, affinché fosse garantito l’effettivo diritto al rispetto della sua vita privata. In ragione di ciò, la Corte ha ravvisato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione e, ai sensi dell’art. 41, ha riconosciuto al ricorrente il risarcimento a titolo di danno morale.

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