Il ricorso deciso con la pronuncia che si segnala riguarda la violazione dell’art. 6 par. 1 e 3 CEDU e, più in particolare, la lesione del diritto all’assistenza legale, il quale incarna uno dei profili essenziali della nozione di equo processo. Molto brevemente, il ricorrente – condannato all’ergastolo nell’ambito di un procedimento penale per omicidio – ha lamentato innanzi alla Corte EDU di essere stato interrogato prima come persona informata dei fatti e poi come imputato per il reato in questione senza le necessarie garanzie previste dalla suddetta disposizione convenzionale. Egli ha altresì denunziato che la sua condanna si era basata in parte sulle dichiarazioni rese da un co – imputato senza la presenza di un avvocato. La Corte, in prima battuta, ha rilevato l’ammissibilità del ricorso per poi passare ad analizzare il merito della questione. Il giudizio è stato costruito attraverso diversi step di valutazione e dopo aver richiamato sinteticamente la consolidata giurisprudenza e i principi generali relativi al diritto all’assistenza legale durante la fase istruttoria (ovvero sin dal primo interrogatorio), ha verificato l’inesistenza di impellenti ed urgenti ragioni tali da giustificare limitazioni o restrizioni a tale diritto. Simile circostanza si riflette sull’equità dell’intero procedimento che, come ha ricordato la Corte, spetta alle autorità nazionali di verificare attraverso un controllo stretto e rigoroso. Sotto questo profilo, essa ha riscontrato più di una carenza procedurale non sanata successivamente. E ciò a partire dal quadro normativo nazionale insufficiente a garantire lo svolgimento di un equo processo; dall’influenza decisiva che le dichiarazioni rese dal ricorrente hanno avuto sul resto del procedimento; dall’assenza di un’analisi sufficiente da parte delle autorità giurisdizionali sulle conseguenze ricollegabili alle deposizioni del ricorrente e del co-imputato, rilasciate in assenza di un difensore. Il quadro complessivamente delineato nonché l’assenza di motivazioni impellenti alla base delle restrizioni applicate al diritto all’assistenza legale hanno costituito conclusivamente violazione dell’art. 6 par. 1 e 3 c CEDU.
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