La Corte Edu sull’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale (CEDU, sez. VIII, sent. 4 luglio 2023, ric. n. 11519/20)

La Corte Edu si è pronunciata sul ricorso presentato da un cittadino russo al quale era stata inflitta
una condanna amministrativa per avere omesso di notificare alle autorità la sua personale e
singolare intenzione di tenere una manifestazione solitaria utilizzando una figura di cartone a
grandezza naturale di un attivista politico con uno striscione, denunciando altresì l’impiego di
tecniche di riconoscimento facciale da parte della polizia durante le indagini; nel caso di specie,
infatti, le autorità di polizia avevano memorizzato alcune immagini del manifestante tratte dal
canale Telegram e, con l’ausilio delle telecamere di sorveglianza installate in una delle stazioni
della metropolitana di Mosca, avevano successivamente proceduto al riconoscimento e all’arresto
del ricorrente. In primo luogo, la Corte ha ricordato che la registrazione sistematica o permanente dei dati
personali di un individuo può costituire un’ingerenza nella vita privata di quest’ultimo,
soprattutto se ad essere ripresa sia l’immagine di una persona che appunto costituisce uno degli
attributi principali della sua personalità. A tale riguardo, la Corte ribadisce che qualsiasi interferenza può essere giustificata ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione solo se è conforme alla legge, persegue uno o più degli scopi legittimi a cui si riferisce la disposizione convenzionale ed è necessaria in una società democratica al fine di raggiungere tali scopi; il rispetto di tali requisiti si rende tanto più necessario quando si tratta di proteggere dati personali sensibili (come quelli relativi a opinioni politiche) sottoposti a trattamento automatizzato, nell’ambito del quale è essenziale disporre di norme chiare e
dettagliate che disciplinino la portata e l’applicazione delle misure, nonchè alcune garanzie minime riguardanti la durata, la conservazione, l’utilizzo e l’accesso ai dati da parte dei terzi così come le procedure per preservare l’integrità e la riservatezza dei dati e per la loro distruzione, fornendo così garanzie sufficienti contro il rischio di qualsiasi abuso e arbitrarietà. Nel caso di specie, la Corte obietta da un lato che l’ordinamento giuridico russo non contenga alcuna limitazione effettiva, sostanziale e procedurale, circa l’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale e, dall’altro, che l’applicazione di simili tecnologie nei confronti del ricorrente, perseguito soltanto per un illecito amministrativo e neppure penale, non potesse essere considerata “necessaria in una società democratica”, riscontrandosi per tutti questi motivi una violazione dell’art. 8 della Convenzione.

Redazione Autore