La Corte EDU si pronuncia sul caso riguardante la presunta violazione degli articoli 3 e 9 della Convenzione. Stando ai fatti, la ricorrente, quando era minorenne, era stata assegnata al servizio di assistenza all’infanzia (ASE) e affidata ad una famiglia. La stessa ha lamentato, nel suo ricorso, di non essere stata protetta dal suddetto servizio dagli abusi sessuali subiti all’interno della famiglia affidataria e imputa alle autorità nazionali di non aver adottato le misure necessarie per garantire il rispetto della clausola di neutralità religiosa in base alla quale la famiglia si era impegnata a rispettare l’orientamento religioso della minorenne. A giudizio della Corte, l’articolo 3 sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Proibisce in termini assoluti la tortura e le pene nonché i trattamenti inumani e degradanti. Posta tale precisazione di tono più generale, i giudici di Strasburgo hanno ribadito che dalla norma convenzionale deriva un obbligo positivo di tutela, il quale assume particolare significato nell’ambito di un servizio pubblico incaricato di tutelare la salute e il benessere dei minori, specie quando questi siano particolarmente vulnerabili e siano sotto il controllo esclusivo delle stesse autorità. Nel caso di specie, le autorità nazionali non hanno attuato alcuna misura preventiva di individuazione del rischio di maltrattamento, venendo meno al loro obbligo di proteggere la ricorrente dagli abusi e dalle violenze cui è stata sottoposta durante il periodo dell’affido. Per questo profilo, dunque, la Corte EDU ha riscontrato la violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel suo aspetto sostanziale. Parimenti violato è anche l’art. 9 CEDU. In proposito, la Corte ha ritenuto che, sebbene l’identità religiosa della minorenne fosse basata unicamente sulla sua provenienza da famiglia musulmana e che le sue convinzioni religiose personali non fossero state affermate all’inizio dell’affido, la ricorrente è stata esposta al proselitismo esercitato dai coniugi affidatari, e le autorità nazionali non hanno adottato i provvedimenti necessari, affinché gli stessi osservassero la clausola di neutralità religiosa in base alla quale tale famiglia si era impegnata a rispettare le opinioni religiose della minorenne così come quelle della sua famiglia di origine.
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