La CEDU sul rispetto della vita privata di minore nato tramite maternità surrogata (CEDU, sez. III, sent. 22 novembre 2022, ric. nn. 58817/15 e 58252/15)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di una coppia omosessuale che aveva stipulato un contratto di maternità surrogata negli Stati Uniti per avere un figlio. I ricorrenti, partners legati in una unione civile, lamentavano, in particolare, il rifiuto delle autorità svizzere di riconoscere la relazione genitore-figlio stabilita da un tribunale statunitense tra l’aspirante padre (il primo ricorrente) ed il bambino nato attraverso la maternità surrogata (il terzo ricorrente). Le autorità svizzere avevano, invece, riconosciuto la parentela tra il padre genetico (il secondo ricorrente) ed il figlio. La Corte ha, innanzitutto, chiarito che il caso in esame differisce da quelli decisi in precedenza per il fatto che i primi due ricorrenti sono una coppia omosessuale legata in un’unione civile. Per quanto riguarda il terzo ricorrente, la Corte ha osservato che, al momento della sua nascita, il diritto interno non consentiva ai ricorrenti alcuna possibilità di riconoscimento del rapporto genitore-figlio tra aspirante genitore (il primo ricorrente) ed il figlio nato da maternità surrogata. L’adozione era stata aperta solo alle coppie sposate, ad esclusione di quelle legate in unioni civili. Fino al 1° gennaio 2018 non era possibile adottare il figlio di un partner registrato. Così, per quasi sette anni e otto mesi, i ricorrenti non avevano avuto alcuna possibilità di ottenere il riconoscimento definitivo della relazione genitore-figlio. La Corte ha, quindi, ritenuto che le autorità svizzere nel negare il riconoscimento del certificato di nascita estero legalmente rilasciato nella parte in cui riguardava il rapporto di parentela tra il futuro padre (il primo ricorrente) ed il figlio nato tramite maternità surrogata negli Stati Uniti Stati, senza prevedere mezzi alternativi per riconoscere tale rapporto, non avevano tutelato l’interesse superiore del bambino. In altre parole, l’impossibilità generale e assoluta, per un periodo di tempo significativo, di ottenere il riconoscimento del rapporto tra il figlio e il primo ricorrente aveva costituito un’ingerenza sproporzionata nel diritto al rispetto della vita privata del terzo ricorrente, il figlio appunto, ai sensi dell’art. 8 Cedu. La Svizzera ha, quindi, superato il suo margine di discrezionalità non prevedendo tempestivamente tale possibilità. Per quanto riguarda, invece, il primo e il secondo ricorrente, la Corte ha, innanzitutto, rilevato la contrarietà all’ordine pubblico svizzero dell’accordo di maternità surrogata cui i ricorrenti avevano fatto ricorso per mettere su famiglia, per cui essi avrebbero dovuto tenere conto delle difficoltà pratiche che avrebbero potuto incontrare nella loro vita familiare in assenza del riconoscimento ai sensi del diritto svizzero del rapporto tra il primo e il terzo ricorrente, sicché è stata esclusa all’unanimità la violazione del diritto al rispetto della vita privata del padre genetico e del padre designato.

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