La Corte EDU ha deciso il ricorso presentato contro il Regno Unito da un cittadino nigeriano, il quale ha lamentato la violazione dell’art. 8 CEDU, in seguito ad un provvedimento di espulsione che – a dire del ricorrente – avrebbe interferito in modo sproporzionato con il diritto al rispetto della sua vita familiare e privata. Lo stesso Governo ha ammesso che l’espulsione del ricorrente avrebbe interferito con l’art. 8 della Convenzione, ma ha lo ha ritenuto comunque conforme alla legge perseguendo uno scopo legittimo (nella specie, la prevenzione del disordine e della criminalità). Per la Corte EDU, sebbene l’articolo 8 della Convenzione non contenga un diritto assoluto alla non espulsione di alcuna categoria di straniero ha ritenuto di dover effettuare lo scrutinio lasciandosi guidare da alcuni criteri da essa stessa stabiliti. Tra i quali: la natura e la gravità del reato commesso dal ricorrente; la durata del soggiorno del richiedente nel paese che procede all’espulsione; la situazione familiare del ricorrente come la durata del matrimonio; la gravità delle difficoltà che il coniuge rischia di incontrare nel paese in cui il richiedente deve essere espulso. Ed ancora l’interesse superiore e il benessere dei minori. Sulla base dei menzionati criteri, la Corte EDU ha ritenuto che l’espulsione del ricorrente è stata del tutto conforme all’articolo 8 della Convenzione, ritenendo peraltro grave il reato di frode commesso. E pur volendo considerare l’interesse superiore della famiglia e della prole, al quale va attribuito sempre e comunque un “peso significativo”, in alcuni casi – come quello all’esame dei giudici di Strasburgo – esso va modulato in base alla gravità del reato commesso e ad altri fattori propri di ciascun caso di specie. Sicché il rimpatrio del ricorrente in Nigeria non ha un impatto così grave sulla solidità della sua vita familiare e privata e, pertanto, l’interesse pubblico alla sua espulsione è prevalente rispetto all’interesse di questi e non viola l’articolo 8 della Convenzione.
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