Il Tribunale costituzionale giudica incostituzionale la norma risultante dall’articolo 46, comma 7, del Decreto n. 2-C del 17 aprile 2020, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo cui la disobbedienza e la resistenza agli ordini legittimi delle autorità competenti, qualora vengano
realizzate in violazione delle disposizioni di tale decreto, sono penalmente perseguibili e le rispettive pene sono sempre aggravate di un terzo, nei loro limiti minimi e massimi, ai sensi del comma 4 dell’articolo 6 della Legge n. 27 del 3 luglio 2006, per violazione dell’art. 19, comma 7 e dell’art. 165, comma 1, lett. c) della Costituzione. Il Decreto n. 2-C/2020 contiene le misure di attuazione della dichiarazione dello stato di emergenza effettuata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 14-A del 18 marzo 2020, e rinnovata successivamente. Anche il decreto del Presidente della Repubblica n. 20-A del 17 aprile 2020, che rinnova lo stato di emergenza, in linea con i precedenti, sospende diversi diritti e libertà, ma non sospende le garanzie in materia penale, né attribuisce poteri sanzionatori al Governo. Quindi, rimanendo intatte le regole costituzionali sulla separazione dei poteri e sulle competenze dei diversi organi costituzionali, risultano violati
gli artt. 19, comma 7 e l’art. 165, comma 1, lett. c) della Costituzione.