La Corte EDU su obblighi positivi dello Stato e libertà di espressione dei giornalisti (CEDU, sez. II, sent. 6 settembre 2022, ric. n. 24738/19)

La Corte EDU si è pronunciata sul ricorso presentato da quattro cittadini serbi, i quali hanno lamentato la presunta violazione dell’articolo 10 della Convenzione per il mancato adempimento da parte delle autorità nazionali del loro obbligo positivo di proteggerli dalle minacce e da una campagna mediatica contro di loro, che li ha intimiditi e dissuasi dal continuare ad esprimere la loro opinione su questioni pubbliche. Stando ai fatti della causa, i ricorrenti, giornalisti e attivisti, hanno partecipato alle proteste relative alla demolizione di alcune case ed installazioni, e denunciato pubblicamente la mancanza di trasparenza di un progetto di costruzione su larga scala.
La Corte dopo aver ribadito l’importanza fondamentale della libertà di espressione come una delle precondizioni per una democrazia funzionante, si è soffermata a definire la portata degli obblighi positivi a carico dello Stato, la cui consistenza deve tenere conto del giusto equilibrio che deve essere raggiunto tra l’interesse generale della collettività e gli interessi del singolo, senza mai tradursi in un onere impossibile o sproporzionato per gli Stati stessi. In particolare, gli obblighi positivi di cui all’articolo 10 della Convenzione impongono agli Stati di creare, attraverso un sistema efficace per la protezione dei giornalisti, un ambiente favorevole alla partecipazione al dibattito pubblico che consenta loro di esprimere le loro opinioni e idee, anche se contrastanti con quelle difese dalle autorità ufficiali o da una parte significativa dell’opinione pubblica. Sulla base di questa più generale premessa, i giudici di Strasburgo hanno verificato se lo Stato sia venuto meno agli obblighi positivi imposti dalla norma convenzionale. In particolare, essa ha osservato come dalle suddette azioni poste in essere contro i ricorrenti non ne è derivata nessuna effettiva violenza e che la decisione dell’autorità giudiziaria nazionale di rigettare la denuncia penale non fosse né arbitraria né irragionevole. Anzi, la Corte ha rilevato come lo Stato convenuto abbia offerto una serie di mezzi efficaci per la protezione dei ricorrenti, dei quali gli stessi non si sono avvalsi. E, per conseguenza, ha ritenuto non vi sia stata violazione dell’articolo 10 CEDU.

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