La Corte EDU sull’applicazione retroattiva di una legge in materia pensionistica nell’ambito di procedimenti pendenti (CEDU, sez. I, sent. 17 febbraio 2022, ric. n. 46586/14)

Nella sentenza resa al caso in esame la Corte EDU ha deciso il ricorso presentato da una cittadina italiana la quale lamentava, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che l’emanazione di una legge sul sistema pensionistico italiano intervenuta nel corso del procedimento volto a ricalcolare l’ammontare della sua pensione di reversibilità, aveva violato il suo diritto alla difesa. In generale, la Corte ha riaffermato che, sebbene al legislatore non sia impedito di emanare nuove disposizioni retroattive per disciplinare i diritti derivati dalle leggi in vigore, il principio dello Stato di diritto e la nozione di equo processo sancito dall’articolo 6 CEDU ostano a qualsiasi ingerenza del legislatore – se non per motivi imperativi di interesse pubblico – nell’amministrazione della giustizia diretta ad influenzare la definizione di una controversia. Nel caso di specie, i giudici di Strasburgo hanno esaminato preliminarmente gli effetti della disciplina sopravvenuta, osservando che la stessa entrata in vigore della legge de qua aveva definito il merito delle controversie, e la sua applicazione aveva reso inutile il proseguimento di altri contenziosi simili a quello del soggetto ricorrente. Pertanto, essa aveva avuto l’effetto di modificare risolutivamente l’esito del procedimento pendente avallando la posizione dello Stato. Premessa tale osservazione, la Corte ha ribadito che le motivazioni addotte per giustificare tali provvedimenti debbano essere trattate con il più ampio grado di circospezione e ponderazione. Per conseguenza, ragioni finanziarie non possono da sole giustificare l’intervento del legislatore e che l’obiettivo di armonizzare il sistema pensionistico, pur nell’interesse generale, non è di per sé sufficiente a giustificare l’adozione di una legislazione retroattiva che incida su una controversia pendente, riscontrando così la violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione. In fine, con riferimento all’art. 41 CEDU, la Corte ha osservato che l’assegnazione di un’equa soddisfazione può basarsi solo se il ricorrente non abbia beneficiato delle garanzie inerenti l’equità del procedimento. Pertanto, nel caso di specie essa ha riscontrato una perdita di opportunità reale alla quale va aggiunto il danno morale e, per entrambi i profili, ha disposto il risarcimento.

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