La Corte EDU sull’eccessivo formalismo dei criteri del ricorso per Cassazione (CEDU, sez. I, sent. 28 ottobre 2021, ric. n. 55064/11 e altri)

Nel caso che si segnala tre cittadini italiani hanno lamentato il rigetto dei loro ricorsi da parte della Corte di Cassazione a causa dell’applicazione eccessivamente formalistica dei criteri richiesti per la redazione dei ricorsi in cassazione, adducendo, per tale ragione, la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. In particolare, i ricorrenti denunciavano che il principio dell’autonomia del ricorso per cassazione (principio d’autosufficienza), quale applicato all’epoca dei fatti, non fosse sufficientemente prevedibile, chiaro e coerente e che il rigetto della Corte di Cassazione fosse sproporzionato. La Corte EDU, prima di esaminare il caso di specie, ha richiamato i principi generali applicabili alle limitazioni del diritto di accesso a un tribunale superiore, ricordando in particolare che il modo in cui si applica l’art. 6 § 1 della Convenzione nelle Corti d’appello o di Cassazione dipende dalle particolarità della procedura in questione. Ha altresì ribadito che in questo tipo di cause il suo compito è quello di verificare se il rigetto di un ricorso non abbia violato la sostanza stessa del “diritto” del ricorrente “a un tribunale” e, a questo fine, determinare se le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione abbiano uno scopo legittimo e se le restrizioni applicate siano proporzionali. Quanto alla valutazione circa la legittimità dello scopo perseguito con l’applicazione del principio di autonomia, la Corte EDU ha ritenuto che tale principio consente alla Corte di cassazione di pronunciarsi senza dover ricorrere ad altri documenti, in modo che possa preservare il suo ruolo e la sua funzione nomofilattica, che consiste nel garantire in ultima istanza l’applicazione uniforme e la corretta interpretazione del diritto interno. Quanto alla proporzionalità della restrizione, la Corte di Strasburgo ha rilevato come il principio di autonomia permetta alla Suprema Corte di determinare il contenuto delle censure formulate e l’ambito dell’accertamento ad essa richiesto dalla sola lettura del ricorso. La Corte ha ritenuto che tale approccio sia dovuto alla natura stessa del ricorso per cassazione che tutela, da un lato, l’interesse del ricorrente all’accoglimento dei motivi contro la decisione impugnata e, dall’altro, l’interesse generale quale è quello della corretta interpretazione della legge. I giudici di Strasburgo hanno così ammesso che le condizioni per l’ammissibilità di un ricorso per cassazione possano essere più rigorose di altre. In tale direzione, ha proceduto, quindi, a scrutinare le diverse richieste dei ricorrenti ed in una sola di esse ha riscontrato la violazione dell’art. 6 CEDU. In particolare, ha rilevato l’eccessivo formalismo del supremo giudice non giustificabile rispetto alla specifica finalità perseguita della garanzia della certezza del diritto e della corretta amministrazione della giustizia. Per la Corte EDU, infatti, dalla lettura del ricorso era possibile comprendere l’oggetto e l’andamento della controversia dinanzi ai giudici di merito, nonché la portata dei mezzi, sia nella loro base giuridica che nel loro contenuto, con l’ausilio di rinvii ai
passaggi della sentenza della Corte d’appello. Pertanto, la decisione di rigetto del ricorso da parte della Corte di Cassazione ha violato la sostanza del diritto del ricorrente a un tribunale.

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