La CEDU sul pass sanitario francese (CEDU, sez. V, sent. 7 ottobre 2021, ric. n. 41994/21)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di un docente universitario, XXXXX, che aveva costituito un movimento di protesta contro il cd. “pass salute” introdotto in Francia nel 2021 per contrastare il Covid-19. Il ricorrente ha sostenuto che la legge francese sul pass sanitario serve sostanzialmente ad
obbligare le persone a vaccinarsi, andando così a mettere in pericolo la salute e l’integrità fisica di chi si vaccina e producendo una ingerenza discriminatoria nella vita privata dei cittadini. Attraverso il proprio sito web, inoltre, il ricorrente suggeriva ai visitatori di compilare un modulo prestampato al fine di aumentare il numero di ricorsi alla Corte europea e quindi depositare una sorta di ricorso collettivo, sottolineando, in termini del tutto inequivocabili, che il suo scopo era quello di innescare “congestione, eccessivo carico di lavoro ed un arretrato” presso la Corte, per “paralizzare le sue operazioni” o anche per “restringere porta d’ingresso” agli uffici di Strasburgo e “per far deragliare un sistema”, in cui la Corte Edu rappresenta “un anello della catena”. La Corte ha rilevato l’irricevibilità del ricorso del sig. XXXXX per diversi motivi, in particolare il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne e l’abuso del diritto al ricorso ai sensi dell’art. 35 §§ 1 e 3 (criteri di ammissibilità) della Convenzione. Il ricorrente, infatti, non ha adìto i tribunali francesi, né ha dimostrato l’inutilità dei possibili rimedi interni rispetto allo scopo perseguito. La
Corte ha, inoltre, ritenuto che l’approccio del sig. XXXXX fosse chiaramente contrario alla finalità del diritto al ricorso individuale, essendo deliberatamente inteso a minare il sistema della Convenzione ed il funzionamento della Corte, come parte di ciò che ha descritto come una “strategia giuridica” del tutto contraria allo spirito della Convenzione e agli obiettivi da essa perseguiti. Ad ogni buon conto i Giudici di Strasburgo hanno anche rilevato, in relazione alla presunta violazione dell’art.3 della Convenzione, che contrariamente a quanto affermato dal sig. XXXXX, le
leggi impugnate non impongono alcun obbligo generale di vaccinazione. A questo proposito, si è sottolineato che il ricorrente non aveva presentato prove del fatto che egli svolgesse una delle specifiche professioni soggette alla vaccinazione obbligatoria ai sensi della legge n. 2021-1040 del 5
agosto 2021, materia che esula dall’ambito della presente causa (v., invece, la sentenza caso Thevenon, oggetto del comunicato della stessa data della sentenza in esame). Ne consegue che il sig. XXXXX non aveva dimostrato di essere un soggetto costretto a vaccinarsi, nonostante la sua volontà
contraria. Quanto al suo status di vittima ai sensi dell’art.8 della Convenzione, il sig. XXXXX non aveva fornito informazioni sulla sua situazione personale o dettagli idonei a spiegare come le leggi contestate
fossero suscettibili di pregiudicare direttamente il suo diritto individuale al rispetto della sua vita privata. Secondo la Corte Edu, questa mancanza di dettagli nel ricorso potrebbe essere in parte spiegata dalla mancata osservanza dell’obbligo di esaurimento delle vie di ricorso interne, criterio
di ammissibilità strettamente connesso alla questione dello status di vittima, con particolare riguardo ad un provvedimento generale come una legge. Tuttavia, il ricorso era comunque irricevibile per i motivi sopra esposti. La Corte ha, inoltre, rilevato che i quasi 18.000 ricorsi standardizzati, presentati su impulso del ricorrente, non soddisfacevano tutte le condizioni di cui all’art. 47 § 1 (contenuto di un ricorso individuale) del Regolamento della Corte, nonostante il termine concesso al loro rappresentante per ottemperare alle relative prescrizioni. Non potevano, quindi, neppure questi essere esaminati dalla Corte.

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