La Corte EDU sull’iniquità del processo per mancata valutazione diretta delle prove e omessa audizione dell’imputato (CEDU, sez. I, sent. 8 luglio 2021, ric. n. 20903/15 e altri)

La Corte EDU si è pronunciata sul ricorso presentato da alcuni cittadini avverso lo Stato italiano, lamentando la violazione dell’art. 6 par. 1 CEDU. In particolare, i ricorrenti erano stati accusati di associazione a delinquere e truffa aggravata e, in primo grado, mentre venivano assolti per il primo dei due reati, rimaneva ferma la condanna per il reato di frode, poiché sulla base degli elementi a disposizione risultava avessero agito allo scopo di eludere il regime delle quote latte e gli obblighi fiscali connessi. Il giudizio veniva poi letteralmente ribaltato dalla Corte di Appello, la quale condannava i ricorrenti per il reato di associazione a delinquere. In base a tale circostanza, i condannati eccepivano la violazione del loro diritto ad un equo processo per la loro mancata audizione in tale sede. Infatti, il giudice dell’appello aveva omesso di ascoltare nuovamente i testimoni e gli stessi interessati prima di emettere il giudizio di colpevolezza.
Sul punto, la Corte EDU ha ricordato che l’applicazione dell’art. 6 in sede di appello dipende dalle caratteristiche di ogni ordinamento giuridico nazionale. Come osservato in altre occasioni, i giudici di Strasburgo sono tornati a sottolineare che il giudice di appello ogni qualvolta sia chiamato a conoscere una causa in fatto e in diritto e a considerare la questione della colpevolezza o dell’innocenza nel suo complesso, non può, per ragioni di equità del processo, decidere senza una valutazione diretta delle prove, compresa la testimonianza decisiva dalla quale ne potrebbe derivare un verdetto, per la prima volta, sfavorevole all’imputato. E sebbene l’art. 6 CEDU non implichi sempre e comunque il diritto a un’udienza pubblica né, a fortiori, il diritto di comparire di persona, e l’imputato potrebbe aver rinunciato al suo diritto di partecipare all’udienza di appello, tutto ciò non esime il giudice di secondo grado dal valutare gli elementi di prova presentati direttamente dall’imputato. Del resto, il principio generale ricavabile dalla consolidata giurisprudenza della Corte EDU prevede che ogni imputato debba essere ascoltato dal tribunale che deve pronunciarsi sulla sua colpevolezza. Al riguardo, la Corte di Strasburgo ha rammentato che anche quando il ricorrente non si sia presentato all’udienza, non abbia chiesto la parola o non si sia opposto, spetta al giudice di appello adottare tutte le misure necessarie a garantire l’equità del processo. Alla stregua della menzionata giurisprudenza, infatti, né la lettera né lo spirito dell’art. 6 CEDU impedisce a una persona di rinunciare alle garanzie processuali espresse o implicite di un equo processo, e gli ordinamenti degli Stati membri dispongono di grande discrezionalità nella scelta dei mezzi necessari affinché i rispettivi sistemi giudiziari siano in grado di assicurare tutte le tutele previste dalla disposizione convenzionale.
Riguardo al caso di specie, la Corte EDU ha quindi verificato se le parti avessero avuto l’opportunità di essere ascoltate e di presentare personalmente tutte le opportune argomentazioni difensive nel giudizio di appello. Essa ha rilevato anzitutto che i ricorrenti non comparendo in udienza, pur essendo stati citati secondo le norme processuali del diritto italiano, avevano inequivocabilmente rinunciato al diritto di partecipare all’udienza. Sul punto, però, la Corte ha chiarito la questione se l’assenza degli interessati alle udienze, oltre a costituire una rinuncia al diritto di assistere alle udienze, costituisca anche una rinuncia da parte loro al diritto di essere sentiti. Come recentemente affermato, la circostanza che un imputato abbia rinunciato al suo diritto di partecipare all’udienza non esonera di per sé il giudice di appello, che effettua una valutazione globale della colpevolezza o dell’innocenza, dal suo obbligo di valutare direttamente le prove presentate in persona dall’imputato che si proclama innocente e che non ha rinunciato esplicitamente a parlare. In tale eventualità, spetta all’autorità giudiziaria adottare tutte le misure positive necessarie per garantire l’audizione dell’interessato, anche se quest’ultimo non sia presentato all’udienza, non abbia chiesto l’autorizzazione a parlare davanti alla Corte di appello e non sia opposto. E facendo leva sulle affermazioni della Corte di Cassazione ha convenuto con essa che il giudice d’appello quando stia per annullare una sentenza di assoluzione è tenuto a disporre la riapertura dell’istruttoria e, finanche, a fissare l’udienza dell’imputato in prima persona. Per la Corte EDU, quindi, la Corte d’Appello non riaprendo l’istruttoria e non disponendo l’audizione dei ricorrenti ha negato loro il diritto di difesa e, per tali ragioni, ha conclusivamente ritenuto che la condanna per il reato di associazione a delinquere fosse avvenuta sulla base di un processo iniquo.

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