La Corte EDU condanna la “sofferenza mentale” dovuta al mancato svolgimento di indagini efficaci ed adeguate (CEDU, sez. III, sent. 15 giugno 2021, ric. n. 38889/17)

La Corte EDU, adita da una cittadina russa, si è pronunciata sulla presunta violazione dell’art. 2 e dell’art. 3 CEDU, lamentata dalla ricorrente in seguito alla scomparsa del figlio. Ella riteneva il governo nazionale responsabile per non aver svolto indagini efficaci in relazione al rapimento del figlio da parte degli agenti della polizia; alla sua detenzione e, infine, alla morte, dal momento che erano trascorsi dieci anni senza avere avuto più alcuna notizia. Il Governo non aveva contestato le affermazioni della ricorrente e la Corte di Strasburgo, dopo aver ritenuto ammissibile il ricorso, si è pronunciata nel merito. In primo luogo, essa ha valutato se ricorressero o meno gli estremi per la violazione dell’art. 2 CEDU sotto il suo profilo sostanziale, ritenendo la scomparsa di una persona protrattasi per un periodo di tempo compreso fra i quattro e i dieci anni in assenza di notizie attendibili senz’altro riconducibile all’ipotesi della presunzione di morte. Nel caso di specie, la Corte EDU ha ritenuto che in base alle circostanze riferite dalla ricorrente e non confutate dal governo nazionale è plausibile addebitare la responsabilità della morte della vittima allo Stato.
In secondo luogo, la Corte di Strasburgo si è soffermata a verificare l’asserita violazione dell’art. 2 CEDU sotto il suo profilo procedurale. In proposito, la Corte non ha potuto non rilevare l’inadeguatezza nonché la carenza delle misure adottate dalle autorità nazionali per verificare le circostanze della scomparsa di XXX. Per la Corte, infatti, l’assenza di un’efficace indagine penale, il mancato svolgimento di interrogatori, di escussione di testimoni o di raccolta di informazioni ha integrato la violazione della suddetta norma convenzionale. Per di più, accanto a siffatte doglianze, la Corte EDU ha scrutinato la questione anche sotto il profilo della violazione dell’art. 3 CEDU. Già in altre occasioni i giudici di Strasburgo avevano ritenuto che in caso di sparizione forzata i parenti della vittima possono essere essi stessi vittime di trattamenti inumani e degradanti. Nella fattispecie, la circostanza per la quale la ricorrente sia rimasta senza notizie del figlio dal giorno del suo prelevamento da parte delle forze di polizia; né senza spiegazioni plausibili o attendibili circa la sua scomparsa ha provocato uno stato di “sofferenza mentale” della ricorrente e, dunque, vi è stata violazione dell’art. 3 CEDU.
Conclusivamente la Corte EDU ha condannato lo Stato al risarcimento del danno morale subito dalla ricorrente.

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