La CEDU su accuse di violenza verbale da parte di un insegnante a scuola (CEDU, sez. I, sent. 22 aprile 2021, ric. n. 29555/13)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di uno studente liceale, insultato duramente dal suo insegnante di matematica (R.V.), che lo aveva definito, tra l’altro, “un deficiente, un idiota, uno sciocco, un montanaro”. Il ricorrente, in seguito a tali eventi, aveva manifestato un disturbo emotivo, che aveva reso necessario un trattamento psicologico. Il padre aveva avanzato le sue lamentele alla scuola e a diversi altri organi nazionali competenti, compreso il Ministero della Pubblica Istruzione. Tali interventi avevano condotto solo ad una audizione dello psicologo scolastico, di R.V. e del ricorrente, e ad una valutazione della situazione da parte dell’Agenzia per l’istruzione. Il ricorrente aveva infruttuosamente presentato, anche, una denuncia penale ed un ricorso alla Corte Costituzionale. I Giudici di Strasburgo hanno innanzitutto valutato la possibilità di esaminare la causa alla luce dell’art. 8 della Convenzione. Gli insulti rivolti al ricorrente da parte di R.V. avevano provocato al ragazzo un disturbo emotivo, che aveva influito su benessere psicologico, dignità e integrità morale dello stesso. Inoltre, quegli insulti pronunciati in aula davanti ad altri studenti avevano umiliato e sminuito il ricorrente agli occhi dei presenti; insulti particolarmente irrispettosi nei suoi confronti, perpetrati da un insegnante in una posizione di autorità e controllo su di lui. In base a tali circostanze, tenendo conto che era nell’interesse superiore del ricorrente quale minore, dei suoi compagni di classe e dei bambini in generale essere efficacemente protetti da qualsiasi violenza o abuso nei contesti scolastici, si è concluso che il trattamento lamentato doveva essere esaminato in base al diritto al rispetto della vita privata, ai sensi dell’art. 8. I Giudici di Strasburgo sono, poi, passati a considerare se l’accertata interferenza con il diritto garantito dall’art.8 potesse essere considerata “giustificata”. Nell’effettuare tale valutazione, la Corte ha tenuto conto del fatto che il ricorrente aveva lamentato non solo le molestie subite da parte dell’insegnante, ma anche la mancata reazione delle autorità competenti adite. Sotto il primo profilo (accuse di molestie da parte dell’insegnante nei confronti del ricorrente), la
Corte ha rilevato che, mentre i primi insulti di R.V. avevano mirato a disciplinare lui e i suoi compagni di classe per il presunto ritardo a lezione, le due ultime occasioni non potevano essere viste come altro che un abuso verbale gratuito contro il ricorrente, volto semplicemente a umiliarlo,
sminuirlo e ridicolizzarlo. In ogni caso, nessuna giustificazione è stata ritenuta possibile per il comportamento di R.V., che, come insegnante, era in una posizione di autorità, che rendeva le sue azioni suscettibili di avere un impatto importante sulla dignità, sul benessere e sullo sviluppo psicologico del ricorrente: ad un insegnante si richiede di interagire con gli studenti nel rispetto della loro dignità e integrità morale, avendo consapevolezza della inaccettabilità di qualsiasi forma di violenza, incluso l’abuso verbale nei confronti degli studenti, che può provocare possibili conseguenze negative, soprattutto sui più sensibili. Pertanto, tenuto conto della posizione di fiducia, autorità e influenza nonché delle responsabilità sociali degli insegnanti, non c’è spazio per tollerare eventuali molestie da parte di un insegnante nei confronti di uno studente. In relazione al secondo profilo (risposta delle autorità nazionali alle accuse di molestie del ricorrente), la Corte ha ritenuto che le autorità nazionali, pur godendo di un margine di
apprezzamento, avrebbero dovuto mettere in atto misure legislative, amministrative, sociali ed educative adeguate per vietare in modo inequivocabile qualsiasi forma di violenza o abuso contro i bambini in ogni momento e in tutte le circostanze, e quindi garantire tolleranza zero verso qualsiasi violenza o abuso perpetrato nelle istituzioni educative. In seguito alla denuncia iniziale del ricorrente al dirigente scolastico per molestie da parte di R.V., le autorità scolastiche non avevano adottato alcuna misura concreta, fino a quando il padre non aveva inviato lettere anche a varie autorità statali, chiedendo che il ricorrente fosse protetto da ulteriori episodi molesti a scuola. Nel frattempo, il ricorrente era stato sottoposto a due ulteriori casi di abuso verbale da parte di R.V. Le autorità scolastiche avevano organizzato un (del tutto inefficace) incontro di riconciliazione tra il ricorrente e R.V., nei cui confronti era stato elevato solo un rimprovero verbale da parte dello psicologo scolastico. Tuttavia, nessuna decisione o misura formale era stata adottata in merito alla condotta di R.V., né erano state avviate le procedure disciplinari dinanzi al Ministero. Le autorità nazionali non erano riuscite a riconoscere che la posta in gioco non era semplicemente la risoluzione del contrasto tra il ricorrente e RV, ma la necessità di affrontare il problema posto dal comportamento inaccettabile di RV che aveva colpito non solo il ricorrente, ma anche altri studenti. La scuola non aveva, inoltre, risposto in alcun modo alla richiesta del ricorrente di essere trasferito in un’altra classe o di assegnare un altro insegnante di matematica alla sua classe. Il Ministero, da parte sua, solo a seguito di una specifica richiesta del padre del ricorrente, aveva assegnato il caso all’Agenzia per l’istruzione per la supervisione pedagogica educativa, nell’ambito della quale, l’Agenzia si era concentrata esclusivamente sul modo in cui R.V. teneva le lezioni di matematica, senza condurre un’indagine sugli eventi contestati. Le conclusioni raggiunte dall’Agenzia erano, peraltro, suscettibili di essere falsate dalla circostanza che alcuni studenti non avevano risposto in maniera veritiera al questionario dell’Agenzia, per timore di ripercussioni. In definitiva, le autorità statali non avevano risposto con la necessaria diligenza alle accuse di molestie a scuola sollevate dal ricorrente.

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