La CEDU su inadeguate e degradanti condizioni di detenzione (CEDU, sez. I, sent. 11 marzo 2021, ric. n. 6865/19)

La Corte Edu si pronuncia sul caso di un cittadino nigeriano residente a Malta, che aveva denunciato inadeguate condizioni di detenzione, oltre che l’illegittimità della detenzione stessa per buona parte della sua durata.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire, innanzitutto, che ai sensi della Convenzione lo Stato deve garantire condizioni di detenzione rispettose della dignità dell’uomo. In merito, i Giudici di Strasburgo hanno osservato, in particolare, che mentre il ricorrente aveva presentato documentazione fotografica delle degradanti condizioni di detenzione subìte, il governo si è limitato a rendere dichiarazioni generali non comprovate, senza fornire dati sul numero dei detenuti e sul potenziale sovraffollamento, né informazioni in tema di ventilazione dell’ambiente, servizi igienici,
ecc. Particolarmente grave la circostanza riferita dal ricorrente della sua reclusione da solo, senza accesso alla luce naturale per 77 giorni, così come quella della sua permanenza in cella con persone in quarantena per Covid-19, pur in assenza di motivi medici idonei a giustificare tale scelta. Alla
luce di quanto sopra, la Corte ha riscontrato una violazione dell’articolo 3 Cedu, che proibisce i trattamenti disumani e degradanti. In ordine alla denunciata violazione dell’articolo 5 § 1, la Corte dopo aver ricordato che tale articolo sancisce un diritto umano fondamentale, la protezione dell’individuo contro ingerenze arbitrarie dello Stato nel suo diritto alla libertà, ha riscontrato la violazione di tale diritto del ricorrente per
insussistenza di valide ragioni della sua detenzione per l’intera durata della stessa. Infine, i Giudici di Strasburgo hanno ribadito l’importanza che, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, ricorrenti (o potenziali ricorrenti) possano comunicare liberamente con la Corte senza subire pressioni di qualunque genere da parte delle autorità interne, finalizzate ad indurre i primi a ritirare o modificare le denunce e comunque ad ostacolare l’esercizio del diritto de quo. In questo caso, la Corte ha riscontrato un’interferenza ingiustificata con il diritto del ricorrente di presentare ricorso individuale alla Cedu per avere le autorità interne, tra l’altro, negato la possibilità di ottenere copie dei documenti necessarie a motivare la sua domanda ed omesso ordinaria diligenza a fronte della notizia dell’assenza di un contatto regolare avvocato-cliente, rimanendo inerti rispetto alla mancata attivazione del gratuito patrocinio a favore del ricorrente, nonostante le richieste della Corte in tal senso.

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